Archivio per settembre, 2008

Milano ’68: capitolo finale

Posted in vie alpinistiche su roccia with tags on settembre 22, 2008 by fraclimb

domenica 21 settembre

Medale a settembre?! Scalare la parete invernale di Lecco in questo periodo sembra pura follia, eppure il micropile si è rivelato consono alla temperatura incontrata. Il nostro obiettivo ricade su una via che ha già visto due miei tentativi: il primo con Claudio nella metà di gennaio del 2007 (arrestatosi dopo il primo tiro) e il secondo con Lorenzo. Questa volta io e Cece siamo determinati a spuntarla, tanto più che si è aggiunto anche Matteo con il quale andiamo a formare una cordata decisa.

Al parcheggio carichiamo gli imbraghi di materiale: una ventina di rinvii (meglio abbondare!), friend fino al 3, dadi e numerosi cordini per aiutarci nelle staffate. Raggiungiamo così l’attacco: i primi quattro tiri vengono superati senza grosse difficoltà dal capocordata Cece. Vista la stagione, troviamo parecchia vegetazione che disturba non poco l’arrampicata resa così meno gradevole, anche per la presenza di alcuni brevi tratti con roccia poco sicura. La spittatura è comunque buona e sicura, ma in alcuni passi è preferibile proteggersi con i friend. All’attaco del diedro del quinto tiro Cece mi cede la conduzione. Salgo senza troppi intoppi fino alla cengia dove la volta precedente ero andato a sinistra congiungendomi con la Gogna. Ora, memore dell’errore, risalgo a destra su roccia a blocchi fino ad una fessurina delicata e da qui brevemente alla sosta. Il breve tiro successivo conduce proprio sotto i tetri strapiombi che chiudono la parete. Ora mi attende una lunga sequenza di artificiale. Questa lunghezza (la VII) presenta un’abbondante spittatura che nel complesso permette di superare quasi tutto il tiro in A0. Ricorro infatti alla staffa solo in corrispondenza dell’uscita del primo tettino che chiude il diedro; per superare il passaggio devo però tirare anche il friend appena posizionato che compie meravigliosamente il suo dovere. Poco più sopra nel superare un altro tettino, sono nuovamente costretto a “tirare” un friend che si dimostra molto solido. Poi, aiutandomi fino alla fine con i rinvii, raggiungo la sosta di questo lungo tiro d’artificiale. La lunghezza successiva mi accoglie con un ennesimo passo d’artificiale; questa volta la spittatura è più lunga e quindi mi impegna maggiormente di quanto non abbia fatto in precedenza. Supero il passo e proseguo arrampicando, fino ad un nuovo tratto delicato. Gli appigli non mi sembrano molto affidabili e l’ultima protezione è circa 1m/1.5m più sotto. Passano diversi secondi prima che mi muova il più delicatamente possibile fino a raggiungere lo spit. Il resto della lunghezza si dimostra più tranquilla, anche se comincio ad avere dei cali di concentrazione che non giovano alla progressione. Chiudo la conduzione della cordata tirando il breve e facile traverso che porta alla base dell’ultimo tiro d’artificiale. Ora ci attende un’ostica lunghezza su un muro verticale solcato da una netta fessura e preceduto dal superamento di un tettino; Matteo si propone come capocordata e sia io che Cece siamo ben felici di cedere gli oneri della conduzione. Anche questo tiro si mostra impegnativo richiedendo l’uso di un paio di dadi per raggiungere lo spit successivo. Da secondo ho il mio bel da fare, pur tirando tutto il tirabile, compresi i cordini usati per staffare. E poi finalmente l’ultimo tiro che Cece si propone di condurre. Potremmo noi sottrargli questo compito, impedendogli così di chiudere il cerchio? Certo che no! E così Cece si trova nuovamente con le corde che scendono verso la sosta. Dopo aver salito 10 tiri impegnativi, anche quest’ultimo ci regala numerosi passi difficili ma, alla fine, dopo 7 ore di parete siamo all’uscita di Milano ’68. E così posso finalmente tirare una grossa X su questa via!

Si tratta di una linea da salire, almeno per l’importanza storica del tracciato; la spittatura, sebbene ha allungato le protezioni in loco (almeno così ho sentito dire), ha quasi annullato il rischio (anche perchè a lato della via è stata aggiunta una linea di calate). Comunque in alcuni tratti è richiesto un buon equilibrio sulle staffe oltre all’uso delle protezioni veloci. L’ambiente, poi, è decisamente grandioso e quando ci si trova sotto gli immensi tetti della Medale ci si sente oppressi e impotenti di fronte a tanta imponenza. E la domanda sorge spontanea: ma perchè non mi sono dato agli scacchi?!

Forcellino: Astra

Posted in vie alpinistiche su roccia on settembre 10, 2008 by fraclimb

mercoledì 10 settembre

Non sono mai stato in Verdon. Oggi però ho assaporato il gusto della legge che, come una spada di Damocle, regola le salite della famosa gola francese: l’unica via di salvezza è verso l’alto! Con Cece, mi sono così buttato lungo le doppie del Forcellino, dopo un bucolico avvicinamento alla vetta. Il nostro obiettivo, la via Astra, inizia proprio a sinistra della quinta e ultima calata e quindi risale per placche e muri verticali intervallati da alcune zone erbose.

Il primo tiro tocca a Cece, mentre a me spettano quelli pari. Provo un forte disagio a risalire le fessure della prima lunghezza e, appena raggiungo S1, non tardo a dirlo al mio compagno. La sua risposta giunge come un fulmine a ciel sereno: lapidario, Cece risponde: “Anch’io non mi sento in forma…”. Di colpo veniamo  proiettati nella realtà della parete: dobbiamo per forza salire e se non siamo in condizione… Devo partire per la lunghezza successiva: mi sento decisamente insicuro, ma riesco a superare il primo tratto duro aiutandomi abbondantemente con i rinvii. Segue un diedrino più facile che mi infonde un po’ di fiducia e quindi la sosta. Il più è fatto! i tiri seguenti (fino alla grossa cengia) sono più abbordabili.

Sarà per questa convinzione oppure, più semplicemente, perchè partire a freddo con un 6a+ e un 6a/6b non è proprio la cosa migliore, fatto sta che i tiri successivi si susseguono senza grosse difficoltà. La  nostra mentalità di progressione prevede il solito “V+/A0” e quindi non ci “sbattiamo” troppo per cercare la libera. I passi duri sono ben protetti e facilmente azzerabili aiutandosi eventualmente con un cordino come staffa e così, indenni, raggiungiamo la cengia. Il più è fatto! Per lo meno non dovremo allertare il Pronto Soccorso! Attacchiamo così le ultime tre lunghezze: la prima si rivela la più impegnativa di tutta la via. La spittatura mi costringe infatti ad un passo in libera piuttosto delicato; nuovamente mi sento in balia della forza di gravità, una sensazione che speravo di aver abbandonato alla fine del secondo tiro. La lunghezza seguente (più facile) spetta a Cece. Il decimo e ultimo tiro dovrei farlo io, ma lo cedo ben volentieri a Cece che lo supera senza grosse difficoltà nonostante i passi difficili (anche se azzerabili). E così usciamo dalla parete dopo aver salito 300m di parete aerea a picco sul lago.

Per una ripetizione portare una dozzina di rinvia, qualche friend medio (dallo 0.5 al 2 compresi) e due mezze. Noi abbiamo usato due corde da 60m, ma stando alle relazioni bastano anche quelle da 50m. La prima doppia è facilmente raggiungibile: dalla cima scendere per tracce verso sinistra per circa 20m e poi girare a destra su cengia fino alla sosta di calata (delle due presenti è quella con la catena). La via è ottimamente protetta a spit e sono presenti anche alcuni chiodi. Alcune relazioni riportano un tratto expò all’inizio della seconda lunghezza; in realtà il traverso è ben protetto da un chiodo e quindi da uno spit. Anche l’ultimo tiro è addomesticato da un cordino che penzola da uno spit, anche se comunque la prima protezione è un po’ lontana dalla sosta. A nostro parere, l’obbligato si attesta sul 6a+ (come dichiarato dalla guida del CAI e da quella di Versante Sud) e non sul 6b/6b+ come invece supposto da mountaincafè.

Riporto di seguito quanto scritto sulla guida di Versante Sud riguardo una possibile (ma difficoltosa) linea di ritirata: “dal masso staccato alla partenza di Astra si sale in diagonale a destra nel bosco per una traccia che diviene subito ripidissima, costeggiando le rocce di un canalino. Aggirata una spalla si oltrepassa una stretta cengia espostissima con albero, fino ad un ripido canale che porta ad un’altra spalla oltre la quale l’esile traccia si biforca. Traversare diagonalmente a destra in leggera discesa fra arbusti fitti fino ad una traccia più marcata che conduce nel bosco, ora meno fitto, ad un canaletto ghiaioso che scende al sentiero della Val Verde, toccandolo in corrispondenza di un grosso masso con ometto. Si risale quindi alla Bocchetta; ore 1,30, sempre che non ci si perda prima. Percorso faticosissimo, pericoloso e difficile da intuire.” [da: Arrampicate sportive e moderne fra Lecco e Como, Ed. Versante Sud 2005].

E’ inoltre possibile evitare le prime due doppie, raggiungendo a piedi la grande cengia. Questa via, può essere usata come scappatoia dalla parete prima della conclusione delle vie: “dalla bocchetta di Val Verde seguire il sentiero in discesa (n°52) per circa 150m finchè, poco oltre uno dei bolli quadrati rosso.blu, si nota nel prato a destra un piccolo macigno a punta e ancora più a destra una spalla erbosa sul filo di cresta, che si raggiunge lungo un’esile traccia che taglia in orizzonatale il pendio (ometto). Dalla spalla si scende in diagonale a destra per 30m a un’altra spalla dove inizia la corda fissa lungo la cengia. Si guadagnano così le prosecuzioni delle calate. Ore 0,20 dalla Bocchetta. Questo percorso è utilizzabile all’inverso per uscire dalla parete; prestare molta attenzione in caso di nebbia o oscurità incipiente. Questo percorso è difficilmente praticabile in inverno se c’è neve e piuttosto scivoloso nella rugiada del primo mattino.” [da: Arrampicate sportive e moderne fra Lecco e Como, Ed. Versante Sud 2005].

Cima Averta: Beerna

Posted in vie alpinistiche su roccia on settembre 1, 2008 by fraclimb

sabato 30 agosto

La Millennium Falcon sale lungo la pista sollevando un nuvolone grigio. L’aria fuori è sempre più frizzante mentre ci avviciniamo alla piana di Predarossa. Il ghiacciaio del Disgrazia (o, meglio, ciò che ne rimane) si apre davanti ai nostri occhi: la vetta invece indossa un soffice cappello di nubi. Il Clod mi ha proposto la salita di Bèlarus, ma leggendo la guida, sono più attratto da Beerna. La sua linea è diretta verso la cima e la relazione rivela che le sue protezioni sono più distanti e richiedono un maggiore uso dei friends rispetto Bèlarus. Al momento non rivelo pienamente le mie intenzioni, ma semplicemente propongo l’alternativa; il Clod e la Carlotta non sembrano contrari, ma decideremo all’attacco.

Abbandoniamo il sentiero per la Ponti all’altezza del secondo pianone, prendendo quello che sale per il passo Romilla fino ad arrivare sulla verticale della parete che raggiungiamo per gande e prati. Individuiamo subito l’attacco di Belarus; per i miei due compagni di cordata una via vale l’altra (tanto tiro io!), quindi costeggiamo la parete verso destra fino all’attacco di Beerna, facilmente individuabile grazie alla campanella attaccata al primo chiodo.

Il primo tiro, a mio avviso il più difficile, mi impegna non poco nel superamento di uno spigolino, dove mi aiuto con il chiodo in posto. Lungo le altre lunghezze, l’arrampicata richiede sempre attenzione e padronanza nelle difficoltà, vista la chiodatura molto distante e alcuni tratti improteggibili che costringono a lunghi run-out. Nel complesso, comunque mi aspettavo una via più impegnativa e ingaggiosa perchè, comunque, nelle vicinanze dei passi più delicati c’è sempre una protezione fissa (chiodo o spit). Rispetto la relazione, ho trovato alcune differenze riguardo le protezioni in posto; su L2 ci sono solo 3 spit e nessun chiodo, su L5 4 spit e 1 chiodo (subito all’inizio), su L6 solo 3 spit. Il terzo tiro sale sulla placca a sinistra della sosta fino a una cengia da dove è ben visibile la sosta. Il quinto tiro, che non mi è sembrato più impegnativo del primo, sale diritto verso i tetti. Tenendo il tetto rosso più imponente sulla sinistra, si sale verso destra grazie ad una fessurina su rampa appoggiata raggiungendo due spit in traverso e la sosta. Attenzione a non prendere il diedro proprio a destra del grosso tetto, che rimane a sinistra rispetto la linea di salita. L’ultimo tiro sale diritto fino a una fascia leggermente strapiombante rossastra. Da qui, sono salito verso sinistra per facile diedro e quindi per cresta ho raggiunto la sosta (attenzione all’attrito delle corde!). Per una ripetizione sono necessarie due corde da 60m (sull’ultimo tiro si arriva al limite alla sosta) e una serie di friends fino al 3 compresi i C3 dallo 0 al 2.

Il panorama che si gusta dalla cima è mozzafiato: si dominano tutte le cime dell’alta Valmasino, da quelle della Merdarola fino alle cime del Torrone. Insolite le strutture della Valle: il Precipizio sembra una placca appoggiata, si individua facilmente l’occhio dello Scoglio e l’arco di Kundalini, mentre si perde la maestosità della parete del Qualido.