sabato 18 dicembre
Il sentiero si allunga infinito nel bosco. Lungo lo è sempre stato, soprattutto al ritorno, ma ora sembra come la pasta della pizza, qualcosa che si stira all’infinito senza mai spezzarsi, un po’ come la retta in geometria. Poi, come al solito, ce la prendiamo comoda come quando si è in procinto di perdere l’ultimo treno per tornare a casa e così finisce che procediamo come una valanga orizzontale verso il Bietti travolgendo gli alpinisti che si trovano sui nostri binari. Non mi pare quasi vero di essere nuovamente da queste parti: trivello nella memoria ma non riesco a riconoscere gli strati geologici dell’ultima volta che sono stato da queste parti, forse dev’essere quando ho salito il canalone Ovest, oppure chissà, sembra che quaggiù qualcuno abbia ribaltato e mischiato ogni cosa, tempo e ricordi sembrano la pasta pasticciata, un casino indescrivibile. Intanto, più in alto, la situazione non pare meno intricata: c’è una coppia che sta facendo il lavoro sporco nuotando nella neve a tratti inconsistente mentre sopra resta il dubbio se il bianco elemento sia sufficiente o abbia fatto la fine del gelato in piazza ad agosto. Dovremo andare a sbatterci il muso, non c’è alternativa così al rifugio prepariamo gli alberi di Natale all’imbraco e poi, come le renne coi campanellini, ci avviamo tintinnanti sulle tracce del duo. La coppia arranca mentre noi fagocitiamo la traccia come la balena il krill: non è perchè siamo più forti ma solo perchè siamo dei cinici approfittatori poi lanciamo la zampata finale e gli siamo addosso. [continua]