Archivio per febbraio, 2008

Sasso Giallo

Posted in falesia on febbraio 28, 2008 by fraclimb

martedì 26 febbraio

Sfruttando la mezza giornata di libertà dagli impegni di studio, sono andato con Clod e Massimo al Sasso dell’Edera (nomi alla base) e quindi al più difficile Sasso Giallo.  Il pomeriggio è iniziato scaldandoci su tre tiri della prima falesia (il volo della martora, light my fire e spanish castle magic): la roccia non è delle migliori (qualche frammento può staccarsi) e di difficile lettura, a causa della miriade di tacche svasate tra cui trovare la migliore.

Quindi breve spostamento (2′) lungo il sentiero che verso destra (viso a monte) conduce al Giallo (anche in questo caso potrebbero rimanervi in mano degli appigli, quindi occhio!). Il posto è molto confortevole, con panchine e una cartina esplicativa; purtroppo non sono riportate tutte le vie, ma solo quelle descritte anche nella guida di Versante Sud. Questo scoraggia la visita da parte dei “normali”, perchè le lunghezze menzionate sono tutte durette (sopra il 6c e con diversi 7). In realtà sono state posizionate alcune soste intermedie, proprio sotto lo strapiombino finale (all’altezza delle soste di saschila e dietro l’angolo), che spezzano alcuni tiri duri, rendendoli più abbordabili; andando da sinistra verso destra si trova:

  1. una sosta intermedia su “m’ama follemente” (7a) che abbassa il grado a 6c: facile fino al muretto finale (ultimi 2 spit) dove c’è il chiave (azzerabile con un cordino che a volte è già in posto);
  2. subito a destra parte “pensionando” (primo spit in comune con la precedente) gradato 6b+ (nome e grado segnati sulla roccia), a mio avviso il grado è generoso;
  3. “gemelli”: altro tiro di 6b+ con nome e difficoltà segnate in parete (anche in questo caso il grado è generoso);
  4. “mira che pelo” (nome sbiadito alla base), come dichiarato anche dalla guida, è spezzabile; la sosta intermedia, però, è più alta rispetto quanto rappresentato e il grado potrebbe essere intorno al 6a (comunque la più facile della falesia); raccomando la massima attenzione tra i primi due spit (non difficili) dove è assolutamente vietato cadere;
  5. anche su “magic” (nome sbiadito alla base) è stata posizionata una catena intermedia che abbassa il grado a 6c/6c+ (tiro continuo con chiave all’uscita dove, eventualmente, ci si può aiutare con un cordone già in posto).

Rimane comunque una falesia impegnativa, anche perchè la chiodatura non è vicinissima; fanno eccezione i due 6b+ ottimamente attrezzati (se riuscite a chiudere tutti i 6 del Sasso dell’Edera, potete tranquillamente salire anche queste lunghezze). Abbordabile anche lo Scarabelli-Bianchi, anche se lungo come protezioni. Tra i 6c, il più facile è forse dietro l’angolo (strapiombo di continuità, ma su ottime prese), insieme a m’ama follemente (finendo alla sosta intermedia). Cianfrin, invece, è più impegnativo (anche se con ottimi riposi) a anche la sosta intermedia di magic bisogna guadagnarsela (per la cronaca, è il tiro che ho provato oggi).

Per quel che riguarda gli altri tiri: chiedete ad altri!

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Cresta Segantini

Posted in vie alpinistiche su ghiaccio e/o misto with tags on febbraio 25, 2008 by fraclimb

domenica 24 febbraio

Capitolo 1

27 ottobre 2002. Come prima esperienza in montagna decidiamo di salire la cresta Segantini; siamo 5 neofiti e quindi procediamo rigorosamente a tiri, divisi in due cordate; dopo 6:30 ore riusciamo a vincere l’estrema lotta con la cresta (direi che siamo tornati ai tempi de “la lotta con l’alpe“, altro che “nuovo mattino, plaisir” e balle varie!). A dire il vero io e Lorenzo, davanti alla scritta “difficile” dell’ultimo salto, decidiamo di uscire da questa trappola per la traccia che porta alla cresta Cermenati; denominatore comune della salita: le continue rassicurazioni di uno dei componenti (unico ad aver percorso la cresta durante il corso base d’alpinismo) sul fatto che “fossimo quasi arrivati”. Almeno, in vetta, possiamo godere di uno splendido tramonto sopra un mare di nubi che copre la pianura.

Capitolo 2

11 Febbraio 2007: ancora cresta Segantini; questa volta, però, in invernale (dal punto di vista del calendario, perchè le condizioni…), con Claudio e con un bagaglio d’esperienze un “pochino” più pesante della prima volta. Saliamo in conserva quasi per tutta la salita, eccetto i tratti più impegnativi, compresa la lingua dove, finalmente, ci ricordiamo di essere nella stagione fredda. Parte Claudio con i ramponi per superare un breve tratto ghiacciato e quindi allestisce una sosta; salgo da secondo, ma senza ramponi perchè nel tiro seguente (che dovrò chiudere da primo) la roccia è sporca di neve, ma completamente priva di ghiaccio. Praticamente, il tratto invernale è limitato a queste due lunghezze e quindi la salita, anche se di soddisfazione, lascia un poì di amaro in bocca. Impieghiamo 5 ore per la sola cresta.

Capitolo 3

Per la terza volta mi trovo ai Resinelli con l’obiettivo della cresta Segantini; compagni di salita sono Luca e Jackass. Siamo un po’ tirati con i tempi, perchè Luca deve essere a casa entro le 15:00 (ah, le donne!). La sera prima avevo fatto due conti: 1:30h per arrivare all’attacco, 4h per la cresta e 1:30h per la discesa, totale 7h, sperando di trovare buone condizioni, perchè se la Segantini dovesse essere particolarmente impestata… Il ritrovo è quindi fissato per le 6:30 a Ballabio, solo che la sveglia di Luca non suona (o meglio, squilla quando stiamo già salendo ai Resinelli), così ritardiamo di un buon quarto d’ora.

Lasciamo la macchina alle 7:30 e prendiamo il sentiero della Direttissima; i caratteristici passi del percorso si susseguono: le scale di ferro, il bivio per il Fungo, il canale dell’Angelina. E, finalmente, il Colle Valsecchi con l’attacco della cresta Segantini. Guardo l’ora: abbiamo recuperato il tempo perso, bene! Ci imbraghiamo e appendiamo i vari pendagli al porta materiale: qualche chiodo da ghiaccio e un paio di quelli da roccia, qualche friend, la picca nel porta martello (l’altra viaggerà comodamente nello zaino per tutta la giornata) e quindi si parte. Salgo lo stretto camino che conduce al passo più duro della salita: uno strapiombino gradato III+ (alla faccia del terzo più!); con un po’ d’esitazione supero il passo trovandomi sul torrioncino. I miei compagni d’avventura scelgono di legarsi e così, superato l’infido passaggio, proseguiranno in conserva per tutta la salita. Dal mio canto, preferisco proseguire libero dal cordone ombelicale, ma comunque con la possibilità di legarmi, dovesse capitarne l’occassione. Continuiamo con sali e scendi da torri, torrette e pinnacoli: sui versanti ombrosi troviamo rimasugli nevosi, mentre quelli meridionali, più solatii, sono ben puliti.

Raggiungiamo il traverso esposto a nord che conduce alla lingua: la traccia è pedonata e la neve, per nulla gelata, non richiede l’uso dei ramponi, che così rimangono al caldo dello zaino. Come un pistolero del Far West estraggo la picca sonnecchiante dal suo “fodero”: l’attrezzo subisce un brusco risveglio affondando fino al collo nella bianca coltre. Fin’ora aveva dondolato dall’imbrago, è giunto il momento che si guadagni la giornata; il resto dell’attrezzatura, invece, continuerà nel gradito ruolo di cliente trasportato dal sottoscritto. Con una breve ma delicata discesa, posiamo i piedi sulla lingua (il tratto che più temevo per le possibili condizioni infide): una lunga pedonata come una bianca scala sale verso l’alto. Ben presto siamo in cima alla colata, tornando così al sole, anche se, viste le temperature decisamente non invernali, l’ombra non era poi così sgradita. Ultima ridiscesa e quindi ci troviamo di fronte alla scritta sbiadita “difficile” (comunque, decisamente meno del passo di III+!); superiamo l’ultimo tratto e siamo fuori dalla cresta, dopo una piacevole cavalcata, che mai ci ha creato problemi o proposto serie difficoltà. Saliamo così a cospetto dell’igloo metallico che sovrasta la cima della grignetta: non è ancora mezzogiorno e quindi c’è tutto il tempo per riporre la zavorra e il cordone ombelicale (al quale non mi sono mai collegato) nello zaino, e un paio di barrette in fondo allo stomaco.

Cominciamo la discesa, lungo la quale cerco disperatamente un luogo dove… lasciare traccia del mio passaggio. Finalmente, lungo il canalone Caimi, scorgo un anfratto e così posso marcare il territorio. Scivolando sulla neve e poi tra ghiaioni dolomitici (gli scarponi ringraziano) raggiungiamo velocemente la macchina: sono solo le 13:30 e sono passate 6 ore dalla nostra partenza. Luca sarà a casa in tempo, mentre io e Jackass ci spostiamo a Galbiate per fare due tiri.

Sarà per un po’ di stanchezza o forse perchè avevo appena chiuso a vista un 6b di 30 metri, fatto stà che salendo su incognita (che avevo scalato in occasione di un’altra visita) cado stupidamente all’inizio del muro, semplicemente perchè perdo l’equilibrio! Senza perdermi d’animo, riparto subito raggiungendo la sosta, dove rischio un’altra caduta. Il risultato è il concatenamento di due tiri di 6b, lunghi entrambi 25/30metri, ai quali ne vanno aggiunti altri due più facili, direi che per oggi ho dato!

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Lagrev: nessuna foto!

Posted in scialpinismo on febbraio 18, 2008 by fraclimb

domenica 17 febbraio

difficoltà: BSA

dislivello: 1000m

Il tempo di domenica non è stato dei più clementi, almeno a sud delle Alpi: in Engadina infatti splendeva il sole (anche se, alla mattina, con temperature nell’ordine dei -18°C)! La salita (questa volta con mio papà) è stata comunque piacevole e in un ambiente che invogliava ad utilizzare la macchina fotografica. Peccato che lo strumento fosse andato in sciopero per via delle basse temperature: sullo schermo sono apparse, per tutta la giornata, solo linee bianche e nere che danzavano da destra verso sinistra.

Raggiunta l’Engadina, si sale verso il passo dello Julier fino a 2160m (posteggio sulla sinistra, poco dopo un ponticello di legno) per prendere la valle a sinistra. Il percorso è evidente e raggiunge la vetta sci alpinistica superando un breve tratto ripido (godibilissimo in discesa: peccato solo fosse così breve…). Ma, per raggiungere la cima vera e propria, bisogna superare a piedi la cresta a tratti un po’ aerea, fino al palo di vetta. Con noi avevamo picozza, ramponi, imbrago, corda e 3 chiodi da ghiaccio che, però, si sono rivelati perfettamente inutili, restando in fondo allo zaino tutta la giornata.

La discesa si è svolta con una neve in condizioni eccellenti: soffice e polverosa. I tratti leggermente pianeggianti (prendendo un po’ di velocità, si superano senza racchettare) sono alternati a discese con pendenze ragguardevoli, comunque mai estreme.  

Galbiate

Posted in falesia with tags on febbraio 18, 2008 by fraclimb

sabato 16 febbraio

La consueta visita del sabato ad una falesia mi ha portato a Galbiate in compagnia di Luca; la temperatura mattutina non era la più indicata per l’arrampicata a causa della nuvolosità presente e infatti nei primi tiri ne abbiamo risentito. Abbiamo salito alcuni tiri tra il settore l’orecchia e quattro tracce e quindi ci siamo spostati alla placconata.

Memore del Lariosauro, ho voluto ripetermi su il fossile (6c); sono arrivato in catena (dopo aver superato l’impronta di una conchiglia che da il nome al tiro) al primo tentativo e senza resting. Avevo già provato il tiro un anno fa, quindi non è da considerare come una on sight vera e propria (anche se effettivamente non mi ricordavo molto i passi), ma piuttosto una RP. Ci siamo spostati poco più a sinistra, dove ho provato l’edera (6c): l’idea era quella di tentare un’altra salita a vista. E così, davanti a un passo duro, (movimento su tacche con appoggio alto per il piede) ho faticato non poco, sperando poi di raggiungere una buona presa dove riposare. Purtroppo di buoni appigli non ce n’era neppure l’ombra: piuttosto un susseguirsi di tacchette, svasi e cattivi rovesci. Riesco a salire per un paio di resinati (fortunatamente vicini!), ma nel superare la placca leggermente strapiombante, desisto e mi appendo alla corda. La on-sight è sfumata e così ripeto i resting anche successivamente (su terreno un po’ più facile) essendo preso da “ghisite” acuta al braccio destro che, praticamente, non tiene più nulla! In conclusione: è un tiro decisamente più duro del precedente, ma anche rispetto quelli del Lariosauro; siamo sicuri che sia 6c?

Nota: i due tiri di 6c sono recenti e non sono riportati sul sito a cui rimando per le relazioni (si trovano sulla destra in corrispondenza dei resti di un paio di strutture diroccate); sono riportati comunque nome e difficoltà sulla roccia. Nella nuova edizione della guida non trova posto il fossile mentre l’edera è dato 6c+…! 

Medale – Milano ’68: la rinuncia

Posted in vie alpinistiche su roccia with tags on febbraio 10, 2008 by fraclimb

domenica 10 febbraio

Dopo la prestazione di ieri, sarebbe stato difficile ripetermi, portando a casa questa salita, sempre da capocordata. I primi cinque tiri vengono superati abbastanza bene: la richiodatura ha forse reso un po’ più obbligati i passaggi (uso un friend del 2), ma comunque si è sempre su spit. Arriva quindi il sesto tiro che ci deve portare proprio sotto gli strapiombi che si superano in artificiale (A1/A2) o in libera (7a+): noi, ovviamente, puntiamo a superarli con ogni mezzo, senza lesinare sull’uso di staffe e cordini.

Subito il tiro mostra i denti: difficile muretto protetto da uno spit e tre chiodi, poi più nulla: dove devo andare? Comincio a preoccuparmi. Mi sposto a fatica verso destra dove scorgo un vecchio chiodo, poi uno nuovo più in alto; lentamente e molto cautamente proseguo la salita. Segue un tratto più facile sprotetto e poi tre chiodi vecchiotti su una placca delicata. Traversino cagosissimo (i chiodi che mi proteggono sulla sinistra non sembrano molto affidabili) verso destra e poi uno spit: finalmente! Altra placchetta e sosta! Che tiro del c.! Per fortuna che avevano richiodato! E il sucessivo (VII tiro)? Meglio non pensarci: c’è uno spit, poi si vedono solo chiodi mezzo arrugginiti e due cordoni che penzolano a sinistra, proprio sotto l’immenso tetto che ci sovrasta. Siamo come inghiottiti dalla parete, che fare? Potremmo continuare, ma a nostro rischio: la discesa dalle lunghezze seguenti è quantomeno complessa e forse quasi impossibile. Inoltre, sinceramente, sono molto impressionato da quella scala al contrario che sovrasta la mia testa. Quindi, per evitare di toglierci la possibilità di una via di fuga, allestiamo la doppia.

Ripercorrendo la via di salita, un po’ rocambolescamente, guadagniamo la base della parete: le ultime due doppie, che permettono la discesa dei primi 3 tiri, sono leggermente a sinistra (viso a monte) rispetto la linea di salita. Abbiamo usato una corda da 50 e una da 60m.

Sul sentiero che conduce all’auto, parlando con altri due climber, scopriamo di essere usciti fuori via: alla fine del V tiro sarei dovuto andare a destra e non a sinistra (sostando in comune con la Gogna) come ho fatto . Bisogna infatti superare lo spigolino (a destra) e poi sostare; è un passaggio poco intuitivo perchè, non vedendo spit, si è indotti a spostarsi verso la sosta a resinati della Gogna. Noi invece siamo saliti diritti lungo la placca che muore sotto gli strapiombi, trovandoci tra la Gogna (a sinistra) e Milano ’68 (a destra), su una via dimenticata. In effetti dall’ultima sosta avevo visto degli spit sulla destra, fuori dagli strapiombi e mi era venuto qualche dubbio…

A detta dei due climber, la richiodatura ha anche aumentato l’obbligato portandolo dal VI (5c) a 6a/6a+, fatto possibile, ma che non emerge dalla relazione del sito di Paolo e Sonja (vedere il link in proposito)

6c a vista!!!!!!

Posted in falesia with tags on febbraio 10, 2008 by fraclimb

sabato 9 febbraio

Come descrivere la gioia e la soddisfazione provate? Beh, pensate di andare dal Melillo e mangiare 5 “cannoncini” e 2 o 3 bignè al cioccolato (per chi non lo sapesse, saranno almeno 3 volte più grossi delle paste normali!); oppure 1.5Kg di gelato gusti noce e nocciola. Sareste nello stesso stato in cui mi sono trovato ieri. Ma andiamo con ordine.

Con il Clod, abbiamo voluto sperimentare il Lariosauro (nomi alla base delle vie): sepevo che i tiri erano un po’ durettti, ma qualcosa di fattibile c’era e quindi, perchè non provare? Lasciamo così la macchina al parcheggio (l’uscita dalla vecchia superstrada è segnata solo con un cartello pubblicitario di un ristorante, comunque è la prima che si trova uscendo da Lecco e passa subito sotto la ferrovia).

Ci fermiamo al settore l’isola dei gabbiani: per scaldarci saliamo due 5c (Pino l’alpino e tafanosky); poi mi sposto sul 6a+ a sinistra (gentlemen) dove mi riesce la on sight (non male, per me). Attirato dalle vie soprastanti, saliamo da ho fatto splash (6a), per attaccare l’unico 6b: birimbau (30m). Alla partenza, come consueto, sollecito il Clod a prestare attenzione e poi inizio la scalata. La prima parte è un placca a gocce: l’aderenza sugli appoggi è ottima e l’arrampicata non è faticosa. Poi arriva la sezione finale su canna; sgiso e parto: sono all’ultimo spit, non ho ancora fatto un resting, sistemo i piedi per scaricare il peso, tiro la canna e… Urlo! Ho chiuso il 6b a vista!

Vista la prestazione, mi sposto subito sul 6c di granburlone: questa volta ci vorrà tempo, dico al Clod, e sicuramente mi appenderò. Infatti, proprio sotto il primo tetto, mi fermo sulla corda; pochi minuti dopo, in catena, mi sarei mangiato le mani: sono appena passato da un tratto più impegnativo (placca strapiombante ben ammanigliata di continuità) rispetto quello dove ho fatto resting! Per poco non mi veniva un 6c a vista!

Scendiamo per spostarci al settore principale, dove attacco la mosca tze tze (6c, 35m con sosta intermedia dopo 22m di 6a). L’idea è quella di arrivare alla sosta del 6a e calarmi: inizio ad essere stanco e per domani mi aspetta il Medale. Poco prima della sosta, parte verso sinistra il 6c: sgiso e inizio a salire (dopo aver ricordato al Clod di stare ben all’occhio); mi aspettano 8/10m continui di placca di 6c lievemente strapiombante su tacche a volte sfuggenti a volte più nette. Ogni rinviaggio mi avvicina alla catena, e ogni rinvio che supero è un resting evitato: arriva l’uscita, le braccia sono piuttosto cotte, ma devo tenere duro. Mi sistemo e infilo la corda nel moscettone di sosta. Questa volta non urlo, ma alzo le braccia al cielo: è il primo 6c a vista che salgo (per di più mettendo le coppie)! Grande!

Unico dubbio: forse i gradi sono un po’ larghi… 

I 7 nani

Posted in falesia with tags on febbraio 7, 2008 by fraclimb

mercoledì 6 febbraio

Il pomeriggio è trascorso al caldo sole di Carate in compagnia di Claudio e Massimo, un neofita dell’arrampicata ma già attrezzato con un paio di Testa Rossa fiammanti. Ci siamo riscaldati su we are (5b) e umbe sapiens (6a/6a+), giusto a destra della casetta, per poi spostarci sul 6b di scarlet. Ho poi tentato biancaneve (7a): con alcuni resting ho raggiunta la catena, con l’intento di riprovarlo subito dopo, previa pulitura di alcune prese (soprattutto il scivoloso piattone tra II e III spit).

Con la corda dall’alto, Claudio e Massimo provano la salita del tiro, senza riuscire a raggiungere la sosta. Tocca ancora a me, sempre da primo ma con le coppie già piazzate: supero il primo muro fino alla cengia con un solo resting (non male). Poi, comodamente, sghiso proprio sotto la prua dove, a mio modesto parere, si trova il passo chiave: tacca per la destra, alzo i piedi su alcuni minuscoli appoggi e la sinistra su un discreto verticale, sposto la destra con un allungo su un’altra tacchetta e guadagno un buon appoggio per il sinistro, ci carico il peso e… sono fuori! L’arrivo in sosta è preceduto da un passo delicato di due movimenti su piatti leggermenti svasi, fino a brancare la catena! Sono decisamente contento per la prestazione (si, c’è il resting sulla parte iniziale) e nemmeno troppo stanco.

Allora riprovo spider man: tra salita, discesa e recupero rinvii impiego circa un’ora, con numeri da circo che l’altra volta non avevo utilizzato; forse i miei muscoli hanno risentito della prestazione su biancaneve!   

biancaneve biancaneve spider man spider man spider man spider man

 

Pontresina

Posted in cascate on febbraio 4, 2008 by fraclimb

domenica 3 febbraio

Le alternative per questa giornata comprendevano tutte (o quasi) le possibilità offerte dalla montagna (scialpinismo, salita invernale della Segantini, falesia e cascate). Escluse le prime due (rispettivamente per mancanza di voglia e per il tempo), non rimanevano che le ultime. La decisione non poteva quindi che ricadere sul ghiaccio, portando così a quota 3 le mie personali uscite nei frigoriferi (le prime 2 risalgono allo scorso inverno)!

Da perfetto neofita quindi mi aggrego al folto gruppo (circa una dozzina di ice-climber) che si reca a Pontresina (Engadina, CH), nel canyon scavato dal torrente, praticamente in centro città (l’avvicinamento a Scarenna in compenso è un trekking Himalaiano!). Lasciata l’auto in un caldo posteggio coperto, attraversiamo la strada e dopo pochi metri siamo sulla verticale delle cascate;  una doppia di 30m ci deposita alla base delle colate (si può anche scendere da una traccia battuta, previa calzatura dei ramponi), in compagnia di un’altra dozzina di sfegatati di picche e ramponi. E’ possibile arrampicare top-rope (come abbiamo per lo più fatto) sfruttando le soste a spit attrezzate per le calate o alcuni alberi. In questo caso può tornare utile una corda da 70m, evitando così di giuntarne due.

L’inizio non è stato dei più allettanti: con la corda rigorosamente dall’alto inizio su una cascata valutabile intorno al 2, per poi passare a due tracciati sul 3/3+. Decisamente non mi trovo granchè a mio agio: la fiducia nell’attrezzatura è quantomeno scarsa e quindi la progressione ne risulta compromessa. L’idea di salire da primo (anche con i chiodi già infissi) non mi sfiora minimamente: mi accontento di salire guardando la mia bella corda tesa che sale verso l’alto!

Poi mi sposto verso una candela alta circa 30m, valutata sul 5/5+ e da cui penzola la corda usata per la discesa in doppia. L’idea è quella di raggiungere il chiodo posto poco prima della metà a conclusione di un tratto più appoggiato. Ci si sposta poi leggermente a destra, seguendo la corda, su un tratto verticale a cui segue il superamento di un “tetto” (una colata staccata) e quindi un’altro pezzo sui 90° per poi giungere in sosta. Per l’occasione chiedo in prestito un paio di picche più tecniche di quelle che utilizzo e senza dragona: il risultato? Raggiungo il chiodo, lo supero e sono sotto il tetto. Alzo le picche, sfrutto la colata a sinistra con i ramponi e quindi supero il passaggio. Ghisato più che mai scalo l’ultimo tratto e raggiungo la catena. A stento sopprimo un urlo di gioia. Si, l’ho salita da secondo e con un resting, ho le braccia a pezzi, ma sono in catena!

Poco dopo mi ricimento sulla stessa cascata, con un altro modello di picche. Anche in questo caso posso testare un prodotto migliore del mio che avendo il manico diritto (se si esclude l’impugnatura) ostacola la penetrazione della becca nel ghiaccio. Il fatto poi di salire senza dragona, permette un movimento più libero e la possibilità di sghisare (fattore da non sottovalutare!)    

Resegone

Posted in scialpinismo on febbraio 2, 2008 by fraclimb

sabato 2 febbraio

difficoltà: MS

dislivello: 800

Indecisione. Direi che questa è il termine giusto per dipingere i preparativi in vista di questo week-end. Inizialmente il tempo doveva essere stupendo, poi le previsioni sono cambiate, tantè che in mattinata nel lecchese pioveva. Oggi, verso le 11, mi sento con Luca che mi propone una scialpinistica al Resegone. L’alternativa era stare a casa a far nulla o, al massimo, un giro in falesia (ma da solo, che palle!). Quindi colgo l’occasione e parto per quest’avventura. 

Ci troviamo a Lecco e partiamo in vista di Ballabio e quindi Morterone. La neve, che evidentemente ha smesso di cadere da poche ore, imbianca ancora la strada per raggiungere l’ultimo paese da dove inizia il percorso di salita. Superiamo lo spazzaneve, ma dopo poche centinaia di metri siamo bloccati: l’auto slitta sulla salita, giusto pochi metri prima che riprenda l’asfalto. Iniziamo bene! Prendiamo le pale così da togliere quel tanto di neve che ci permette di proseguire.

A Morterone lasciamo la macchina e prendiamo la traccia che sale in direttiva della vetta attraversando un fitto bosco. Il ritmo è subito indiavolato e ben presto comincerò a pagare lo scotto di una partenza così sfrenata. Quasi al termine degli alberi (intorno ai 1300m), la traccia piega decisamente a sinistra diventando quasi un falsopiano. Si prosegue fino a incontrare alcuni cartelli indicatori e quindi si riprende a salire fino alla visibile vetta.

Dopo 1h 15′ circa siamo in cima dove ci accoglie una lieve ma pungente brezza: lo spettacolo che si apre ai nostri occhi ripaga decisamente gli sforzi. Tutta la pianura è ricoperta da un fitto tappeto di nuvole e solo la catena svetta da questo piatto mare: in lontananza scorgiamo il Cervino, mentre più a Nord svettano il Grignone, il Pizzo dei Tre Signori, il Disgrazia e il gruppo del Bernina. Intanto il sole ci saluta con i suoi tiepidi raggi mentre si tuffa verso occidente.

Iniziamo una stupefacente discesa su un manto duro ricoperto da pochi centimetri di neve fresca: il divertimento è assicurato! Ci buttiamo a capofitto nel canale che scende dalla vetta per poi tuffarsi nel bosco che qui è perfettamente sciabile. Il percorso è leggermente differente da quello di salita e punta all’evidente traliccio dell’alta tensione costruito sul costolone di fronte al Resegone; da lì poi piega decisamente a sinistra verso Morterone.