martedì 24 febbraio
La falce di luna velata dagli strascichi delle nuvole rischiara debolmente il pendio mentre la notte ha già affondato le sue unghie dilaniando le carni della preda. Il parcheggio dove l’auto ferma la sua corsa è una landa aperta e desolata avvinghiata dalla morsa dell’oscurità; solo la stalla in lontananza lascia sfuggire un raggio luminoso unico segno di vita nonchè labile traccia della presenza umana in questo buco nero. Sono protagonista succube delle tinte fosche del quadro, vittima inerme del fantasma della stalla di cui non scorgo nemmeno l’ombra e delle fauci dei cani che so una volta abitare questi luoghi. Cerco di sgattaiolare come un’ombra furtiva senza fare il minimo rumore ma il rumore di ferraglia di un portone che si chiude violentemente mi fa trasalire: che qualcuno si sia accorto della mia presenza? Attendo mentalmente pietrificato il materializzarsi della belva rabbiosa mentre le gambe continuano a muoversi verso la base del pendio ma in lontananza non compare ancora nulla. Perchè mi sono ficcato in questa maledetta situazione? Solo per scaricare le tensioni milanesi, spronato poi dall’esperienza di domenica e dalla soffice e abbondante neve che ha ispirato la prima notturna della stagione, ancora una volta dell’arcinoto Crocione. Intano, il suono acuto delle lamiere si ripete insistentemente mentre Eolo si diverte a correre tra i materiali deposti che suonano come un’orchestra stonata producendo sinistri e acuti cigolii. Lo mando a cagare e mi avvio su per il pendio seguendo la comoda traccia mentre cerco di allontanarmi più velocemente possibile dal tetro pianoro iniziale. La stalla si allontana sempre di più mentre, unico punto nero, mi alzo su per il candido lenzuolo finchè, ad un tratto, ho la sensazione di essere seguito: mi volto di scatto ma dietro le mie spalle c’è solo il vuoto. [continua]