Archivio per agosto, 2008

Galbiate

Posted in falesia with tags on agosto 25, 2008 by fraclimb

domenica 24 agosto

Nonostante il tempo favorevole per salite in quota, sono costretto ad una falesiata causa mal di schiena provocato da uno strappo in settimana al Sasso Remenno (o meglio, sul masso di Goldrake tentando un 7a).

Comunque la giornata trascorre tranquillamente tra un tiro e l’altro del settore Anfiteatro e una breve incursione a Black Macigno per riscaldarci (in questa zona sono stati aperti diversi tiri nuovi, con difficoltà riportate sulle tabelle esplicativa in loco). Con il Clod, salgo il Signore dei Tranelli (RP, avendola già tentata tempo fa) e i due tiri nuovi sulla sinistra: Free Tibet (flash) e in Casa d’Altri.  Il primo presenta un muro finale continuo, ma non eccessivamente difficile; il secondo ha un singolo su piatti leggermente svasi e piuttosto lontani che mi è sembrato piuttosto cattivello.

Poi abbiamo provato Manimal; al secondo giro (quello che mi è venuto meglio) sono riuscito a completare il tiro, eccetto per un passo che mi è risultato particolarmente ostico: superamento di un muretto con appoggi minuscoli e molto scivolosi. Da segnalare, infine, lo stato di grazia del Clod che riesce a portare la corda,  senza troppe difficoltà, su due 6b e prova da primo il 6c+ (riuscendo nel passo che ha impedito la mia RP)!

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Sasso Cavallo: 10 Piani di Morbidezza (anzi 5!)

Posted in vie alpinistiche su roccia on agosto 17, 2008 by fraclimb

sabato 16 agosto

Lasciamo il Cainallo quando le prime luci dell’alba rischiarano il cielo. L’imponente parete del Pizzo d’Eghen è ancora immersa nel regno di Morfeo: scura ed enigmatica nasconde il suo profondo camino che la incide nel mezzo. Il sentiero costeggia la vallata, la scavalca, supera il buco di Grigna e raggiunge il rifugio Bietti, poi con una decisa salita conduce alla Bocchetta di Val Cassina. Ci prepariamo: imbrago, moschettoni, rinvii, friends, caschetto, chiodi, corde, c’è tutto! Non ci resta che scendere dalla Val Cassina, addomesticata da numerose catene, e raggiungere la base del Sasso Cavallo. Fin qui, tutto procede al meglio, ma ora dobbiamo trovare l’attacco della Cassin, il nostro obiettivo.

Siamo alla base della parete più famosa delle Grigne, solcata da numerosi itinerari di grande nomea, prestigio e difficoltà. Provo un senso di rispetto e riverenza per questa muraglia che sogno da alcuni anni e un po’ ne sono intimorito. Costeggiamo la parete sud per una vaga e scivolosa traccia; le indicazioni in nostro possesso sono piuttosto vaghe: “la via inizia dove la roccia risulta stratificata e solcata da una sottile fessura; l’attacco è segnalato da un bollo rosso, sbiadito ma ancora distinguibile”. Scrutiamo la parete, ma non troviamo nulla e quindi proseguiamo perdendo continuamente quota e tempo fino all’inizio del bosco. Della via nessuna traccia, deve essere molto prima! Torniamo sui nostri passi, scivolando non poco per l’infida erba bagnata, fino a ritornare all’imbocco della Val Cassina. Dopo l’ennesimo attento esame della guida, concludiamo che l’attacco deve trovarsi in corrispondenza di alcuni massi ben visibili dal punto dove ci troviamo e subito a sinistra dei grossi tetti che sovrastano la cengia poco sopra la base della parete. Ritorniamo indietro, ma non troviamo nulla. Scoraggiati, delusi e soprattutto molto in ritardo, decidiamo di abbandonare il nostro sogno. Che facciamo? Potremmo salire qualche tiro della Oppio (di quella avevamo trovato l’attacco!)… No, ha le soste ancora tradizionali: diventa problematico scendere. Allora non rimane che una via… Quella via… Ne avevamo parlato già scendendo dalla Val Cassina: se la parete è bagnata, se non si può fare la Cassin, se…

Alle 10:30, Cece parte con il primo tiro di 10 Piani di Morbidezza. Sappiamo benissimo che  molto probabilmente dovremo ritirarci dopo il V tiro quando “la distanza tra gli spit è notevole in alcuni punti, dove è richiesta una buona concentrazione su difficotà non estreme (6b)” (!); ma che importa? La prima lunghezza, a dire il vero, si presenta meno dura di quanto atteso: il 6b+ è azzerabile facilmente grazie alla chiodatura ravvicinata. Ma già sul secondo la situazione cambia: gli spit sono più distanziati e il 6a+ obbligato anche se i passi duri risultano ben protetti. Il tiro, comunque, mi richiede una buona dose di concentrazione nonchè l’uso di un friend per integrare su un traversino. Arriva la III lunghezza: Cece si dovrà scalare un bel 6c: auguri! Le difficoltà arrivano subito: c’è da raggiungere uno spit alla base di uno spigolino. Il passo è ben protetto ma rimane comunque difficile (6c). Prova una prima volta, ma ritorna sui suoi passi. Poi ritenta ancora e ancora e, alla fine, raggiunge lo spit! Ora bisogna superare lo spigolino: con due cordini a mo’ di staffa, raggiunge lo spit successivo e continua così la sua difficile. Supera quindi un faticoso diedro fessura, anche grazie ad un friend, e finalmente può gridare “sosta!”. Il tiro seguente, che spetta al sottoscritto, dovrebbe essere più addomesticabile: 6b+ seguito da un facile A1 (o 8a). Esclusa la possibilità di passare in libera sull’8a, cerco di godermi il 6b+: grazie agli spit relativamente vicini e che regalano anche qualche “aiutino” scalo senza eccessivi problemi la parte in libera e, superato un brevissimo tratto con roccia discreta, raggiungo l’A1. Lascio un sospiro di sollievo: il più è fatto! Cerco di rinviare il primo spit dell’artificiale, proprio sopra il tettino che mi sovrasta, ma non ci arrivo. Poco male, estraggo un cordino e lo uso da staffa, ma sono ancora troppo basso. Riprovo con un cordino più corto ma mi mancano ancora numerosi lunghissimi centimetri. Tento con due staffe: nulla da fare! Continuo a salire e scendere dai cordini, senza riuscire a ridurre la distanza tra me e la protezione successiva. Da un lato vorrei abbandonare, tra l’altro ho paura di ribaltarmi, ma dall’altro il mio orgoglio me lo impedisce. Poi mi viene in mente la fatica che ha fatto Cece per superare il 6c: no, devo raggiungere la sosta! Intanto il tempo passa inesorabile. Per l’ennesima volta mi alzo, spingendo sui cordini. Continuo a tenere il solito minuscolo rovescio che mi stabilizza, ma non riesco ad agganciare il rinvio allo spit. Comincio a pensare che, continuando in questo modo, potrei anche riuscire a passare in libera! Pateticamente ritento e, finalmente, tocco lo spit con il rinvio che però non vuole entrare! Torno al punto di partenza, mentre dal basso mi giunge un “no” di rammarico. Ma non importa: se l’ho raggiunto, ora posso benissimo rinviare quello stra-maledetto spit! E infatti, alzatomi per l’ultima volta, infilo il moschettone e supero il primo passo di A1!

Ora la situazione è quantomeno tragi-comica: lo spit ha un anello sufficiente solo per il rinvio, quindi, se non voglio abbandonare il moschettone, devo riuscire a raggiungere la chilometrica protezione successiva! Forte dell’esperienza appena provata, mi alzo il più possibile sulle staffe, ma non raggiungo lo spit. O meglio, riesco a toccarlo tenendo il rinvio completamente allungato verso l’alto. In questo modo però non posso imprimere forza sul moschettone in alto che quindi non riesce ad aprirsi e ad infilarsi nella piastrina. Che fare? Non mi resta che aguzzare l’ingegno! Prendo il cava-nut e lo infilo nel moschettone del rinvio attraverso il buco che ha ad una delle estremità. Il sistema sembra funzionare. Mi alzo nuovamente tenendo il cava-nut, ma il moschettone tende a muoversi e quindi non riesco a rinviare. Mi serve qualcosa per bloccare il tutto. Per esempio un elastico. L’elastico dei capelli! Per fortuna che li lego! E così preparo il mio “never by fair means” grazie al quale finalmente rinvio. Mi aspettano ancora due passi in artificiale: il primo viene superato senza prooblemi (lo spit è relativamente vicino); il secondo invece mi solleva qualche preoccupazione. Devo agguantare un cordino logoro, legato ad una clessidra: speriamo non decida di rompersi proprio ora! Lo agguanto e lo testo: sembra tenere; allora lo carico e supero il passo e quindi raggiungo la sosta. Sono stremato: ho superato una placca di 6b+ e poi l’artificiale più infido, duro e repulsivo della mia carriera! Ora tocca a Cece: aiutandosi con i cordini riesce a raggiungermi rapidamente e quindi riparte per il quinto tiro: A1 (ancora?!) e 6a. Il tratto da azzerare (7b+ in libera) è subito all’inizio: supera uno spigolo molto aereo e quindi prosegue diritto. Fortunatamente gli spit sono abbastanza vicini (eccetto il secondo che richiede un certo impegno per essere raggiunto) e, aiutandosi con alcuni cordini, Cece riesce a superare il tratto duro. Segue una bella placca ammanigliata con protezioni distanti fino alla sosta. Da qui, dovrebbero iniziare i tiri più selettivi. Poichè al secondo spit è attaccata una maglia rapida, decidiamo di provare a continuare. Salgo quindi fino al punto individuato per capire come prosegue il tiro. La via supera uno spigolino e continua in traverso verso destra: qui la difficoltà è valutata 6c e lo spit successivo che riesco a scorgere è ad almeno 7/8m dal punto dove mi trovo. Poco prima della metà, sembra esserci la possibilità di piazzare un friend, ma dopo? Se, una volta sistemata la protezione, non riesco a proseguire, cosa dovrei fare? Calarmi su un friend, abbandonando un ingente patrimonio al Sasso Cavallo? Il gioco non vale la candela. Espongo la mia opinione a Cece e concordiamo di buttare le doppie. Anche perchè abbiamo impiegato 4 ore per risolvere questi 5 complicati, enigmatici tiri!

Mentre camminiamo lungo il sentiero, comincio a pensare che avrei almeno potuto tentare: se non fossi riuscito a passare, avrei potuto scalare la contrario, ritornando allo spit, tanto più che il traverso è quasi orizzontale… Ma poi sarebbero seguiti altri 3 tiri impegnativi… Beh, alla fine, i nostri 5 Piani di Morbidezza, li abbiamo saliti!

Punta Allievi: Inschallah

Posted in vie alpinistiche su roccia on agosto 11, 2008 by fraclimb

sabato 9 e domenica 10 agosto

“Per fortuna che sei stanco!”. Questo pensiero mi rimbomba incessantemente quando, dopo circa 3 ore, raggiungo con Cece l’Allievi.

A cena, la sala da pranzo brulica di alpinisti: diversi puntano allo spigolo Gervasutti e altri due sembrano intenzionati a salire Inschallah. Forse avremo compagnia! Il nostro piano prevede colazione alle 6:00, così da iniziare l’arrampicata verso le 7:00: ci attende una via con sviluppo di 680m per 17 lunghezze e temiamo di fare notte!

Dal rifugio, saliamo in direzione dello spigolo sud della Punta Allievi (dove corre la Gervasutti). Superiamo quindi l’elegante struttura, costeggiando la parete SE fino alla zona dove inizia Inschallah (6b+, 6a/6a+ obbl.). Tra noi e la parete si frappone un piccolo nevaio, quasi gelato: con numeri circensi, a volte a quattro zampe, raggiungiamo la zona dove inizia la via. Degli spit neanche l’ombra e nemmeno dell’altra coppia di alpinisti. Risaliamo costeggiando la parete, ma non troviamo nulla. Riguardiamo la foto dell’itinerario: l’attacco deve essere poco sotto, dove eravamo prima. E allora torniamo sui nostri passi. Poi finalmente Cece scorge un moschettone di ritirata: abbiamo trovato Inschallah!

Alle 7:15 inizio il primo tiro. La nostra tattica consiste nel “ciapa e tira” o, se preferite, “V+ e A0”. Siccome la parete è piuttosto lunga, non ci interessa la libera, quindi, se il passo non riesce, non ci formalizziamo a mungere. Con questa tecnica, superiamo rapidamente i primi 8 tiri, che si svolgono su placche appoggiate. Non troviamo grosse difficoltà, anche perchè la via è sistematicamente protetta e i passi più duri azzerabili. Peccato per il IV tiro, un muro di 6a che troviamo bagnato.

Il sole ci raggiunge quando siamo in prossimità della cengia che divide in due il tracciato: ora ci attendono 9 lunghezze su muri verticali, decisamente più aeree di quelle appena scalate. E’ il mio turno di capocordata, quindi Cece supera un difficile tiro valutato 6b e poi tocca nuovamente al sottoscritto. Supero i primi due spit fino a un diedro e davanti ai mie occhi si apre il nulla! Non vedo più protezioni! Inizio quindi a salire lungo il facile diedro proteggendomi con i friends, fino alla sosta. Avevamo dubitato sull’utilità delle protezioni veloci: fino a quel punto, avevamo trovato spit anche sul facile raccordo che supera la cengia!

Anche nei tre tiri successivi (5c/5b) è necessario proteggersi (portare una serie di friends dallo 0.5 al 3 compresi). Si tratta comunque di lunghezze non complesse e quasi di raccordo con le ultimi tre. Abbiamo concluso che gli apritori erano rimasti con pochi tasselli e quindi hanno lasciato sprotetti alcuni tiri! Ma tanto meglio, così la salita si fa più interessante! Raggiungiamo così il 6a+ e quindi il 6b+ che Cece supera abilmente proteggendosi lungo la dulfer finale con un bel friends. Un tiro formalità ci porta sulla cresta finale da cui raggiungiamo la vetta. Abbiamo impiegato 4h e 45′ per completare la via!

La discesa si svolge lungo la normale, ben segnata con diversi ometti e alcune vecchie tracce di vernice rossa. Il tracciato è sempre visibile e si svolge prevalentemente su sfasciume.

Como-Manduino: niente automobile

Posted in vie alpinistiche su roccia on agosto 5, 2008 by fraclimb

da venerdì 1 a lunedì 4 agosto

La partenza. 5:30, ho appena caricato lo zaino (circa 17Kg!) sulla bici e mi appresto a partire: le prime luci dell’alba rischiarano la notte mentre scendo verso Como. Mi attendono circa 75Km lungo il Lago fino a Verceia.

10:00. La pedalata è andata bene, per lo meno fino allo strappo finale che mi ha fatto penare non poco! Ora però mi attendono 1500m di dislivello per raggiungere la Capanna Volta. Mangio qualcosa e inizio la mia cavalcata, sperando di raggiungere i miei amici che, tradizionalmente, sono partiti con la macchina. Dopo 1h e 30′ a ritmo incalzante, raggiungo finalmente Luci e Paolo: sono sollevato, finalmente mi ricongiungo con i miei compagni d’avventura! Il gruppo si ricompatta, quando incontro Marco, Fritz e Lia; mancano solo Pietro e Lorenzo che sono ancora un po’ più avanti. Ma all’alpeggio di Camerate siamo tutti riuniti: manca  solo l’ultima rampa che ci separa dall’obiettivo.

La Volta è sempre la Volta! Isolata, lontana, quasi irraggiungibile, selvaggia in una valle poco frequentata. Ma per noi dell’AG rappresenta un simbolo, un sogno, una vera avventura! E così è anche per i quattro ragazzi che, per la prima volta, varcano la porta di questo edificio.

Non sono eccessivamente sfiancato dalla mia personale sfida: ho pedalato per 4h e 30′ e camminato per poco più di 5h, ma finalmente ho raggiunto la meta! Poi a ridarmi completamente le forze, ci pensa la succulenta coscia di pollo della Lia, la treccia al burro della Luci, una bella fetta di torta portata sulle spalle del Paolo e infine un pacchettino minuscolo di biscotti di Prosto che il sottoscritto ha comprato in paese giusto per aumentare un po’ il mio leggero fardello!

Le pulizie, lo svacco e… Sabato mattina è dedicato alla pulizia del rifugio: materassi e coperte al sole e  quindi una vigorosa spazzata della Volta. E quindi un po’ di meritato svacco, mentre sistemiamo la diga della pozza di fianco alla capanna. Nel pomeriggio sgranchisco le gambe, salendo verso l’attacco della normale al Manduino che io e Lucia speriamo di salire l’indomani. Traverso verso sinistra tutta la valle, fino ad imbattermi in un gregge di capre che mi vengono incontro. Non mi sento a mio agio, ma con qualche urlo riesco ad allontanarle e a proseguire nel mio cammino. Supero un costolone e risalgo tra i massi in direzione del Manduino. Sotto l’attacco, apparentemente tranquille, pascolano diverse pecore. Continuo nella mia marcia, finchè questi simpatici animali decidono di scendere in massa per venirmi incontro. Cerco di evitarli, ma questi, imperterriti, mi marcano come francobolli. Comincio ad inquietarmi, anche perchè nonostante le grida e i lanci di sassi, la pecore continuano ad avvicinarsi. E’ il momento di tentare la fuga! Ma  da valle risalgono le capre cornute e ben presto mi trovo circondato da un centinaio di “docili” erbivori! La situazione mi induce ad un momento di panico, finchè non riesco ad allontanare le capre e a riprendere la mia fuga che, per quanto permetta il terreno, si trasforma in una vera e propria corsa! Ben presto, le capre abbandonano l’inseguimento, mentre le “tenere” pecorelle mi scortano fino al rifugio. Per gli altri la situazione deve essere stata piuttosto comica: un corridore solitario e alle spalle un gregge disposto a triangolo all’inseguimento del malcapitato! Ma non certo per il sottoscritto, che ha così superato il momento più pericoloso di questi quattro giorni!

Il Manduino. Partiamo presto, così da avere tutta la giornata a disposizione. Ripercorriamo facilmente il percorso che il giorno prima mi aveva condotto dalle pecorelle che fortunatamente devono essersi spostate sull’altro versante della valle. Superiamo le cenge fino all’imbocco del canale erboso che conduce alla parte alta della montagna. Fin qui il percorso non presenta tratti d’arrampicata, ma necessita comunque di estrema attenzione per la sua natura e per l’esposizione. Raggiungiamo quindi le prime facili placche e decidiamo di legarci, continuando comunque in conserva. Superiamo così tre soste e quindi un’ennesima cengia ci porta sotto un breve saltino (III). Lo supero raggiungendo un altro punto di sosta: la Luci mi segue senza problemi e così proseguiamo fino a un altro passo delicato (III) tra la parete e un masso sulla destra, in cima al quale recupero la mia compagna di cordata. Segue il tratto più impegnativo (III+), unico punto dove troviamo un chiodo di passaggio. Proseguiamo quindi raggiungendo la finestra che da sulla Val Revelaso e poi, una paretina di III ci deposita sulla cima. Attorno a noi fanno corona le vette del Masino Bregaglia, mentre a sud si snoda il lago tra le vette delle Prealpi e più a Ovest la schiera dei 4000: Rosa, Alpube, Dom. I complimenti e il tradizionale bacio sono d’obbligo: la Luci si è comportata egregiamente, superando senza troppe difficoltà i tratti d’arrampicata, ma ora ci attendono le doppie e l’insidioso canale che ci ricondurranno ai piedi della montagna. La discesa si svolge senza intoppi, ma l’attenzione è comunque d’obbligo, soprattutto lungo la cengia, poi finalmente la Volta, dove veniamo festeggiati dai nostri amici che hanno salito il Ligoncio e ci hanno seguiti lungo tutta la discesa.

Il lungo ritorno. I quattro giorni d’avventura sono giunti al termine e il cerchio intorno alla mia follia si sta chiudendo: manca solo il rientro a casa. Partiamo insieme verso mezzogiorno dal rifugio, ma poi a Camerate, lascio il gruppo e mi avvio deciso verso valle. Alle 15:30 sono in sella al mio “mezzo” e in pochi minuti supero la ripida discesa che mi separa da Verceia. Inizio così la mia lunga pedalata con un ritmo decisamente elevato: attendo la crisi che, sicuramente, mi coglierà a causa dell’andatura troppo elevata, ma,  nonostante tutto, continuo imperterrito. Raggiungo Menaggio, dove mi fermo per riempire la borraccia: la ripartenza è piuttosto difficoltosa e fino a Carate pedalo in compagnia di una minacciosa crisi incombente. Poi mi riprendo, probabilmente anche perchè sento sempre più vicino l’arrivo, tantè che supero senza grosse difficoltà l’ultima estenuante salita: la via Teresa Rimoldi! Finalmente, alle 19:30, stanco, felice, ma non distrutto varco la soglia di casa, concludendo questa sfida partorita dalla mia mente a volte un po’ insana!

RELAZIONE DELLA NORMALE AL MANDUINO. Per una ripetizione, occorrono alcuni friends medi, martello ed eventualmente qualche chiodo per allestire alcune soste (ci si può comunque arrangiare con cordini e protezioni veloci). Le calate sono da 25m, pertanto con una mezza da 50m (corda che noi abbiamo utilizzato) si riesce a scendere, ma in un paio di doppie non si raggiunge la sosta, pertanto con una mezza da 60m si è più tranquilli. Utilizzando due corde, si dovrebbe riuscire a saltare un paio di calate. Le soste per la discesa sono su chiodi (le soste a spit sono state tolte l’estate scorsa) o su cordini attorno a spuntoni; noi le abbiamo trovate in ottime condizioni, comunque prevedere eventualmente di dover abbandonare degli spezzoni di corda. Perfettamente inutili le scarpette (che infatti noi non avevamo), vista la natura della salita che presenta brevissimi tratti di vera arrampicata, comunque su basse difficoltà.

Dal rifugio Volta, salire lungo la traccia che sale verso il Ligoncio (bolli), per poi abbandonarla quasi subito tagliando tutta la valle in costa verso sinistra (viso a monte). Si raggiunge quindi un breve saltino roccioso che si supera camminando su cengia prativa, aggirando la cresta che scende dalla punta Como. Da qui salire per ganda fino all’attacco della normale (sono presenti diversi ometti, alcuni dei quali li abbiamo costruiti noi). L’attacco è ben visibile, proprio sotto un muro di roccia sull’arancione, in corrispondenza del secondo canale che scende dal Manduino contando da destra. Si segue la cengia verso sinistra, fin dove è possibile ritornare a destra, superando così il muro arancione. Proseguire per traccia fino al canale erboso che scende dalla vetta (ometti lungo il percorso). Questo tratto di percorso è molto infido e richiede attenzione. Risalire il ripido canale che ha sulla sua destra un torrione a forma di dente, fino alla conclusione della zona erbosa. Ora il canale diventa sassoso, ma dopo pochi metri lo si abbandona, per raggiungere la facile placca sulla sinistra (proprio sotto la verticale della cima). Risalire facilmente la placca, superando due soste a chiodi, che si utilizzano per la discesa. Si raggiunge così una cengia che sale verso sinistra (sosta per la calata su spuntone); percorrere la cengia fino ad una nuova placchetta con saltino (III), al termine del quale si trova una sosta da cui è possibile recuperare il secondo. Proseguire verso destra su cengia fino ad un caminetto (III) tra la parete e un masso staccato. In cima al passaggio, è possibile allestire una sosta su spuntone.  Traversare verso destra fino ad una fessurina che si segue (chiodo di passaggio). Si supera così il passo più difficile della salita (III+), fino a raggiungere più facilmente verso destra la sosta per la calata su spuntone. Da qui proseguire facilmente diritti superando la finestra e passando sull’altro versante, in Val Revelaso. Girare a destra (spalle alla finestra) scavalcando un facile torrioncino fino a un comodo spiazzo. Qui ho allestito una sosta sfruttando uno spuntone e piantando un chiodo (che poi abbiamo recuperato). Dal terrazzino, si sale diritti per una decina di metri verticali (III/III+), fino alla sosta finale (utilizzata per la discesa) e quindi alla vetta.

Dalla vetta, si scende in doppia, fino alla sosta prima della finestra. Si scende quindi con un’altra calata verso una sosta a chiodi non toccatta dall’itinerario di salita: la corda da 50m non deposita in sosta, che comunque si raggiunge facilmente (ricordatevi i nodini!). La terza doppia e un po’ più sulla sinistra (viso a monte) e si conclude su una sosta a chiodi che non è raggiunta dall’itinerario di salita. Con un’altra breve doppia si arriva alla sosta su spuntone, all’inizio della cengia. Da qui si effettuano altre 3 calate, sfruttando le prime due soste che si incontrano salendo. Dall’ultima sosta scendendo, è possibile calarsi verso sinistra (viso a monte) trovando un’altra sosta per la calata; oppure, come abbiamo fatto noi, scendere lungo l’itinerario di salita, arrampicando in discesa fino al canale. Dal canale, si ripercorre l’itinerario di salita. Nel canale erboso, ho fatto sicura alla Luci che mi precedeva, allestendo un paio di soste su spuntoni.