domenica 12 giugno
Devo stare tranquillo; rilassarmi ed essere obiettivo. Volevo il caianesimo? Ed eccomi accontentato! Eccolo qui il beneamato, con tutte le sue sfaccettature. Ma quando è troppo, è troppo!
Lasciamo la macchina alle 6:30 col dubbio di aver perso solo fondamentali ore di sonno e infatti, dopo 2 ore abbondanti di sfacchinata ci troviamo a contemplare una parete dall’effetto spugna: da sotto i tetti, dalle spaccature e dalle zolle erbose scivolano odiosi rigagnoli d’acqua che rendono tutto perfettamente inscalabile. Ma ho l’asse nella manica e, preventivamente, l’ho anche controllato quando eravamo al Bietti: le torri di Piancaformia sono perfettamente asciutte! Detto fatto, ci resta solo da risalire la val Cassina, scendere al rifugio per poi riprendere a guadagnare dislivello verso la visibile torre. Facile a dirsi un po’ più faticoso a farsi! Ma da bravi muli testardi, arriviamo sotto la parete e, dopo più di 4 ore di avanti e indietro, possiamo finalmente iniziare a fare quello per cui siamo venuti: scalare. La fame è tale che, senza essermi soffermato ad individuare la linea corretta, inizio a salire sul marcio. L’idea è infatti quella di scalare su un’interessante placchetta lavorata ma quando ne raggiungo la base, ho la consapevolezza che sotto i miei piedi ci sono tanti gusci di uova e che anche subito sopra, la situazione non sembra tanto diversa. Provo quindi sulla sinistra ma alla fine il risultato non cambia: il marcio resta tale e le protezioni ricordano degli appendi-corda piuttosto che qualcosa in grado di trattenere una caduta! Tentiamo allora la fortuna ancora più a sinistra prima su rocce rotte, poi più compatte ma intervallate da zolle e fango per poi passare all’evoluzione su prato e arbusti! Arrivo comunque al termine del primo tiro ma la voglia di caianesimo ha una depressione stile 1929. Riprendo a scalare (se così si può dire) traversando su una cengia erbosa: se avessi voluto fare il giardiniere, mi sarei dedicato ad altro! Poi la via sale diritta seguendo una specie di fessura-diedro. All’inizio la roccia non è neanche male ma resta ben lontana dai parametri delle ben più gloriose e vicine pareti. [continua]