sabato 21 marzo
Relazione e foto di Sogni Proibiti su fraclimb.com
Relazione e foto della Gogna su fraclimb.com
Primo giorno di primavera. Dal nostro abbigliamento però non si direbbe: siamo bardati come a gennaio e durante l’avvicinamento il vestiario non da alcun fastidio. Insomma, il generale inverno sembra non voglia abbandonare le sue truppe!
Raggiungiamo l’attacco della via degli Istrutturi e, davanti a noi, ci sono già due cordate intente nei consueti preparativi. Ci leghiamo rapidamente mentre cerchiamo di carpire i progetti degli altri alpinisti: le loro attenzioni sono rivolte alla Istruttori, quindi chiediamo il permesso di partire. Concesso o non concesso, fatto sta che Cece parte a razzo sul primo facile tiro. Quando la corda è ormai terminata, inizio anch’io a salire. Poco sotto la sosta, scorgo Cece già impegnato sul secondo tiro e così, rapidamente, raggiungiamo la traccia che ci conduce all’attacco di Sogni Proibiti.
Superato l’insidioso traverso e il successivo canale, Cece riprende il comando per superare la viscida fessura del primo tiro. La seconda lunghezza è mio onere: un’esigente fessura (comunque azzerabile e azzerata!) seguita da un delicato attraversamento verso destra impegna non poco i miei avambracci che, in sosta, cominciano già ad essere indolenziti! Segue un tiro più semplice, dove optiamo per il percorso originale, più facile della placca compatta dove è stata raddrizzata la via. Mi attende l’ultima lunghezza, più semplice della terza, ma comunque impegnativa. L’arrampicata è estetica su un muro verticale seguito da una compatta (ma estremamente breve) placca a gocce. Anche qui, sbagliata la sequenza iniziale, sono costretto a tirare un paio di chiodi, sfumando così la libera che invece mi era riuscita quando un paio di anni fa ho salito questa linea con Lorenzo.
Ci troviamo così al termine della via, poco sopra l’uscita della ferrata. L’indecisione regna sovrana: Gogna, come da programma, o Altri Tempi (tanto ci mancano entrambe)? Il dubbio di passare alcune ore all’ombra (e quindi al freddo) ci lascia perplessi se attenerci a quanto deciso in partenza, così ricorriamo ai bastoncini. Bastoncino corto per Altri Tempi, mentre quello lungo è riservato alla Gogna. E così il fato decide per quest’ultima.
Dall’attacco della Bonatti, ci caliamo fino a una esile ed esposta cengia, da cui raggiungiamo la partenza della via. In sosta troviamo un altro ragazzo che assicura il suo compagno oramai alla conclusione del tiro: se non altro non saremo soli su questa porzione di parete che incombe minacciosa sulle nostre teste. Mi sento schiacciato dall’icombenza dei tetti che mi sovrastano, ulteriormente aggravata dal colore giallo-nero della roccia. Inizia Cece mentre lo seguo con lo sguardo: la prima parte del tiro è caratterizzata da una roccia poco compatta che poi cede il passo a una placca estremamente lavorata e di altissima qualità nel tratto finale.
Parto per il secondo tiro: un bel diedro seguito da un traverso expò ma non difficile precedono un tratto di artificiale su fix che conduce alla sosta. Quando ritorno a scalare da secondo, mi sorprendo per la freddezza di Cece che ha dovuto superare un’impegnativa placca verticale senza alcuna possibilità di proteggersi. Ci troviamo così nel punto di contattato con Milano ’68: una zona che conosco abbastanza bene in seguito al tentativo alla sopracitata via e al suo successivo completamento. E’ nuovamente il mio turno, così mi infilo nel diedro che delimita l’infida placca dove salgono due tentativi rispettivamente di Anghileri e Gerry. Poco sopra, arrampica il secondo della cordata che ci precede: è sul tratto chiave, dove si traversa verso sinistra, quando cade. La caduta è molto corta e senza conseguenze, ma in mano ha il chiodo fuoriuscito dalla fessura! L’episodio mi lascia incredulo mentre un filo di preoccupazione si snoda nel mio animo: e se dovesse saltarmi un chiodo?! Ora li testo più accuratamente, controllando che non si mettano a dondolare, così raggiungo il traversino. Moschettonaggio a due protezioni in loco, smagnesata, piazzamento di un friend e sono fuori!
La quinta lunghezza è incombenza di Cece, mentre io mi diverto a farmi schiaffeggiare da una pungente brezza che mi raffredda le membra. Quando riprendo l’arrampicata le mani sono intirizzite, ma rapidamente si scaldano permettendomi così di superare il difficile diedro che caratterizza il tiro. Non faccio comunque in tempo a raffreddarmi nuovamente, perchè la lunghezza seguente mi impegna nel solito esercizio del ciapa e tira. Inizialmente su chiodi e poi su fix, supero il muro verticale privo di appigli mentro mi chiedo come lo si possa salire in libera. Raggiungo così un chiodo da cui penzolano dei cordini: mi sembra che la protezioni dondoli, ma devo acchiappare gli sbiaditi spezzoni di corda per uscire dal muro. Traverso verso sinistra con movimenti lenti e delicati e finalmente sono in sosta. Mentre aspetto che Cece mi raggiunga e completi la penultima lunghezza, ho tutto il tempo per raffreddarmi non poco. Così quando mi trovo alla base dell’ultimo tiro, le mie mano sono ancora semi congelate. Di conseguenza, anche per cercare di ritrovare il sole il più rapidamente possibile, mi adopero nuovamente nella rituale ginnastica fino a raggiungere un tratto facile e quindi la cresta.
Posso così mettere una croce su un’altra bella linea alpinistica di questa spettacolare e (generalmente) calda parete.