Archivio per marzo, 2009

Sogni Proibiti e Gogna

Posted in vie alpinistiche su roccia on marzo 23, 2009 by fraclimb

sabato 21 marzo

Relazione e foto di Sogni Proibiti su fraclimb.com

Relazione e foto della Gogna su fraclimb.com

Primo giorno di primavera. Dal nostro abbigliamento però non si direbbe: siamo bardati come a gennaio e durante l’avvicinamento il vestiario non da alcun fastidio. Insomma, il generale inverno sembra non voglia abbandonare le sue truppe!

Raggiungiamo l’attacco della via degli Istrutturi e, davanti a noi, ci sono già due cordate intente nei consueti preparativi. Ci leghiamo rapidamente mentre cerchiamo di carpire i progetti degli altri alpinisti: le loro attenzioni sono rivolte alla Istruttori, quindi chiediamo il permesso di partire. Concesso o non concesso, fatto sta che Cece parte a razzo sul primo facile tiro. Quando la corda è ormai terminata, inizio anch’io a salire. Poco sotto la sosta, scorgo Cece già impegnato sul secondo tiro e così, rapidamente, raggiungiamo la traccia che ci conduce all’attacco di Sogni Proibiti.

Superato l’insidioso traverso e il successivo canale, Cece riprende il comando per superare la viscida fessura del primo tiro. La seconda lunghezza è mio onere: un’esigente fessura (comunque azzerabile e azzerata!) seguita da un delicato attraversamento verso destra impegna non poco i miei avambracci che, in sosta, cominciano già ad essere indolenziti! Segue un tiro più semplice, dove optiamo per il percorso originale, più facile della placca compatta dove è stata raddrizzata la via. Mi attende l’ultima lunghezza, più semplice della terza, ma comunque impegnativa. L’arrampicata è estetica su un muro verticale seguito da una compatta (ma estremamente breve) placca a gocce. Anche qui, sbagliata la sequenza iniziale, sono costretto a tirare un paio di chiodi, sfumando così la libera che invece mi era riuscita quando un paio di anni fa ho salito questa linea con Lorenzo.

Ci troviamo così al termine della via, poco sopra l’uscita della ferrata. L’indecisione regna sovrana: Gogna, come da programma, o Altri Tempi (tanto ci mancano entrambe)? Il dubbio di passare alcune ore all’ombra (e quindi al freddo) ci lascia perplessi se attenerci a quanto deciso in partenza, così ricorriamo ai bastoncini. Bastoncino corto per Altri Tempi, mentre quello lungo è riservato alla Gogna. E così il fato decide per quest’ultima.

Dall’attacco della Bonatti, ci caliamo fino a una esile ed esposta cengia, da cui raggiungiamo la partenza della via. In sosta troviamo un altro ragazzo che assicura il suo compagno oramai alla conclusione del tiro: se non altro non saremo soli su questa porzione di parete che incombe minacciosa sulle nostre teste. Mi sento schiacciato dall’icombenza dei tetti che mi sovrastano, ulteriormente aggravata dal colore giallo-nero della roccia. Inizia Cece mentre lo seguo con lo sguardo: la prima parte del tiro è caratterizzata da una roccia poco compatta che poi cede il passo a una placca estremamente lavorata e di altissima qualità nel tratto finale.

Parto per il secondo tiro: un bel diedro seguito da un traverso expò ma non difficile precedono un tratto di artificiale su fix che conduce alla sosta. Quando ritorno a scalare da secondo, mi sorprendo per la freddezza di Cece che ha dovuto superare un’impegnativa placca verticale senza alcuna possibilità di proteggersi. Ci troviamo così nel punto di contattato con Milano ’68: una zona che conosco abbastanza bene in seguito al tentativo alla sopracitata via e al suo successivo completamento. E’ nuovamente il mio turno, così mi infilo nel diedro che delimita l’infida placca dove salgono due tentativi rispettivamente di Anghileri e Gerry. Poco sopra, arrampica il secondo della cordata che ci precede: è sul tratto chiave, dove si traversa verso sinistra, quando cade. La caduta è molto corta e senza conseguenze, ma in mano ha il chiodo fuoriuscito dalla fessura! L’episodio mi lascia incredulo mentre un filo di preoccupazione si snoda nel mio animo: e se dovesse saltarmi un chiodo?! Ora li testo più accuratamente, controllando che non si mettano a dondolare, così raggiungo il traversino. Moschettonaggio a due protezioni in loco, smagnesata, piazzamento di un friend e sono fuori!

La quinta lunghezza è incombenza di Cece, mentre io mi diverto a farmi schiaffeggiare da una pungente brezza che mi raffredda le membra. Quando riprendo l’arrampicata le mani sono intirizzite, ma rapidamente si scaldano permettendomi così di superare il difficile diedro che caratterizza il tiro. Non faccio comunque in tempo a raffreddarmi nuovamente, perchè la lunghezza seguente mi impegna nel solito esercizio del ciapa e tira. Inizialmente su chiodi e poi su fix, supero il muro verticale privo di appigli mentro mi chiedo come lo si possa salire in libera. Raggiungo così un chiodo da cui penzolano dei cordini: mi sembra che la protezioni dondoli, ma devo acchiappare gli sbiaditi spezzoni di corda per uscire dal muro. Traverso verso sinistra con movimenti lenti e delicati e finalmente sono in sosta. Mentre aspetto che Cece mi raggiunga e completi la penultima lunghezza, ho tutto il tempo per raffreddarmi non poco. Così quando mi trovo alla base dell’ultimo tiro, le mie mano sono ancora semi congelate. Di conseguenza, anche per cercare di ritrovare il sole il più rapidamente possibile, mi adopero nuovamente nella rituale ginnastica fino a raggiungere un tratto facile e quindi la cresta.

Posso così mettere una croce su un’altra bella linea alpinistica di questa spettacolare e (generalmente) calda parete.

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Cresta Segantini

Posted in vie alpinistiche su ghiaccio e/o misto with tags on marzo 20, 2009 by fraclimb

domenica 15 marzo

Relazione e foto su fraclimb.com

Ancora una volta mi trovo ai Piani dei Resinelli con l’intento di salire la cresta Segantini; è l’ultimo week-end buono per una salita nella stagione fredda e le condizioni si preannunciano effettivamente invernali. Assaporo ogni momento gustando con trepidazione il momento in cui io e mio papà ci legheremo sui primi contrafforti.

L’avvicinamento si svolge lungo la conosciutissima Direttissima che, però, con questa veste assume un sapore particolare: la neve è abbondante lungo tutto il percorso e la traccia ben marcata. Bisogna comunque fare attenzione perchè la coltre bianca è ancora piuttosto dura. Si susseguono i classici passaggi del percorso e, lentamente, l’inquietudine e la trepidazione si sostituisce alla tranquillità: l’orologio mi sembra correre troppo rapidamente e ho la netta sensazione di essere incredibilmente in ritardo. Cerco quindi di spingere sull’accelleratore ma, superato il caminetto Pagani e un paio di saliscendi, ci troviamo al bivio con il fungo. Ho preso una grossa cantonata, penso tra me e me: l’attacco non è lontano. In effetti quando ci leghiamo sono passate poco più di due ore dalla partenza.

Calzati i ramponi, mi infilo nel canale iniziale dove sono accolto da uno strato sottile di neve dura, alternata a tratti ghiacciati. I passaggi non sono comunque complessi, anche se i ramponi mi creano qualche difficoltà sulla roccia. Raggiungo il passo di III+ (probabilmente il terzo più stretto che abbia mai salito!): le punte dei miei ramponi grattano sulla roccia producendo un forte attrito che alza un pungente odore di bruciato. Dopo un attimo di indecisione, prendo una appiglio ormai levigato e supero il passo. Davanti a me, la cresta si staglia carica di neve ma, fortunatamente, il resinato spunta sopra il candido manto e così recupero il mio secondo. La marcia riprende in conserva: la traccia è ben marcata ma anche sbagliata e così finisco fuori via. Sono sul versante settentrionale e la cresta è sulla mia destra, poco più in alto. Superato un momento di disorientamento, mi accorgo dell’errore e, salendo per una lingua nevosa, riguadagno la cresta.

La progressione prosegue senza intoppi e così raggiungiamo la Lingua completamente innnevata. La risaliamo senza difficoltà e riguadagnamo il filo di cresta dove ci fermiamo per mangiare un boccone. La progressione prosegue fino alla parete contrassegnata dalla scritta “difficile”. Con i ramponi ai piedi, non mi sento completamente a mio agio così aggiungo un paio di protezioni veloci prima di uscire dal tratto più delicato.

La cresta è terminata e, dopo tre ore di sali e scendi tra una guglia e l’altra e i continui cambi di versante che caratterizzano questo stupendo percorso, siamo in vista della vetta che l’abbondante neve ha trasformato in un panettone arrotondato.

Sipario ocra: Manobong

Posted in vie alpinistiche su roccia on marzo 15, 2009 by fraclimb

sabato 14 marzo

Relazione (anche in pdf) e foto su fraclimb.com

Ho solo mezza giornata libera e così decidiamo di salire una via di Guerini poco dopo Lecco. Abbiamo due alternative e, alla fine, optiamo per Manobong, la più breve tra le due, ma anche la prima di cui troviamo l’attacco!

Inizia Cece per un ostico diedro con roccia discreta; quindi si infila in una fessura che taglia il fondo del diedro divenuto qui più stretto. Il passaggio richiede un certo impegno, ma finalmente Cece raggiunge la sosta da cui inizia a recuperare il Clod.

Attendo ancora qualche minuto, poi finalmente inizio a salire: il tratto iniziale è piuttosto delicato e adrenalinico. La roccia, in realtà, non si rivela eccessivamente cattiva, ma richiede una buona dose d’attenzione. La salita è comunque addomesticata da un paio di spit e un chiodo. Raggiungo così la base della fessura: piazzo un friend che non mi sembra molto affidabile. Con un paio di passi, però, raggiungo un solido chiodo: di fronte a me, il diedro si impenna minacciosamente. Proteggendomi abbondantemente guadagno finalmente la sosta da cui inizio a recuperare Guido.

Siamo tutti e quattro riuniti e Cece inizia ad attaccare la fessura strapiombante. Aiutandosi con un paio di friend grossi, raggiunge il bong incastrato. Poi, con un altro passo di artificiale, supera il tratto più difficile e quindi prosegue fino alla sosta. Il Clod può così raggiungerlo, lasciando  lungo il tiro le protezioni che Cece ha piazzato; il tempo, infatti, è corso in modo inversamente proporzionale al nostro ritmo di salita e così, per cercare di guadagnare tempo, sfrutterò i friend già piazzati.

Con questo aiuto, riesco a raggiungere il bong senza tirare nulla (incredibile!). Poi però devo cedere all’azzeramento per superare il passo chiave. Il resto della lungheza è più semplice e così raggiungo rapidamente l’albero di sosta. Recupero il mio compagno di cordata che riesce a superare la fessura togliendo a fatica il friend incastrato.

Con una lunga doppia riguadagnamo la base della struttura e, dopo esserci suddivisi il materiale, lascio i miei amici per rientrare il più rapidamente possibile in quel di Como.

Medale: via Boga

Posted in Uncategorized, vie alpinistiche su roccia on marzo 2, 2009 by fraclimb

sabato 28 febbraio

L’auto risale verso Rancio mentre si discute sull’itinerario da percorrere. Alla fine optiamo per la Boga che all’apparenza non dovrebbe essere eccessivamente difficile. All’apparenza, appunto!

Raggiungiamo rapidamente l’attacco: io e Cece saremo la prima cordata mentre Colo e Lo Zio ci seguiranno a ruota. Dietro di noi altri quattro alpinisti inizialmente tutibanti, si informano sulle nostre intenzioni. Dopo uno scambio di battute, decidono di girare i tacchi abbandonando la parete. La via è quindi tutta per noi!

Inizio così a salire la prima lunghezza vagliando attentamente ogni appiglio, mentre i piedi litigano con l’erba e la numerosa terra presente. Non conoscendo la linea di salita, mi fermo alla prima sosta che incontro scoprendo poi che il tiro finisce più in alto, proprio sotto il diedro-fessura. Proseguiamo quindi la scalata superando il fantastico diedro e poi, alla quarta lunghezza, ci troviamo in prossimità di Milano.

Un altro errore di valutazione ci porta a sostare in corrispondenza della cengia, allungando ulteriormente i tempi di salita. Dietro, intanto, Colo conduce la sua cordata mentre Lo Zio lo assicura, mezzo accecato in seguito alla perdita di una lente! Ci troviamo sotto il primo tiro di artificiale che Cece supera abilmente, mentre al sottoscritto, con la corda dall’alto, riesce la libera su una fessura esigente e piuttosto unta. Un altro facile tiro ci conduce sotto una zona strapiombante che Cece supera sulla destra per poi ripiegare verso sinistra. E’ il mio turno. Raggiungo le canne che, con mia grande gioia, nascondono delle grosse prese permettendomi di salire senza troppa difficoltà. Ma poi mi attende il traverso. Ultimamente, tra Sulla Rotta e la Bonatti, l’arrampicata in orizzontale sta diventando un’abitudine!

Una roccia estremamente compatta mi separa dalla successiva lontanissima protezione: così delicatamente mi sposto nella speranza che i piedi non decidano di farsi un giro nel vuoto sottostante e, finalmente, supero il tratto impegnativo. Vista l’esperienza, consigliamo a Colo di salire il diedro evitando così l’esposta traversata.

La lunghezza seguente è mio onere: il grado è basso, ma la qualità della roccia mi regala una salita al cardiopalma. Poi finalmente la sosta! L’animo già piuttosto provato non può che sprofondare in un sentimento di profonda inquietudine che rasenta la paura: i due chiodi sono decisamente marci e uno presenta una piccola crepatura. Cerco di rinforzare la sosta e inizio a recuperare Cece mentre osservo ciò che ci aspetta: sopra di me penzolano numerosi cordini marci, mentre poco sotto i miei piedi un paio di chiodi permettono di raggiungere lo spigolo sulla destra. Ovviamente optiamo  per il breve traverso su buone protezioni raggiungendo lo spigolo. La sosta è subito sopra e finalmente, dopo essere brevemente ridisceso, abbandono questa spiacevole posizione.

E’ nuovamente il mio turno: un breve traverso mi conduce a un colatoio che inizio a risalire. Raggiungo cosi una placca compatta sopra la quale spunta un chiodone. Devo traversare! Mi sposto il più delicatamente possibile raggiungendo una buona presa per la sinistra. Dopo un’azione di auto-rincuoramento e incoraggiamento (vista la distanza con l’ultima protezione) mi ristabilisco e raggiungo il chiodo che, eccessivamente sporgente, si rivela poco affidabile. Continuo ad arrampicare raggiungendo così un altra protezione fortunatamente più solida. La lunghezza prosegue su roccia discreta e finalmente, quando temevo di essere uscito di via, scorgo la tanto amata sosta. Nel frattempo, più in basso, gli altri compagni d’avventura decidono di fare cordata unica e così Colo si lega a una delle nostre corde. Il ritmo risulterà rallentato, ma considerata la situazione, è sicuramente la cosa migliore da farsi.

Mi offro di salire anche il tiro successivo, lasciando così involontariamente l’onere della difficile e faticosa lunghezza seguente a Cece. La lunghezza di artificiale oppone un imponente passaggio in strapiombo attrezzato con numerosi chiodi ai quali il nostro capo-cordata si affida ripetutamente guadagnando metro dopo metro con caparbietà. Quando lo raggiungo in sosta, sono vivamente provato per la salita. Finalmente manca solo l’ultimo tiro che, dopo i primi movimenti impegnativi, conduce a una cengia e quindi alla cresta terminale.

Così, dopo circa 7 ore di scalata, ci ritroviamo tutti e quattro poco sotto la croce di vetta dopo aver superato la via più dura per impegno globale tra quelle ripetute in Medale, paragonabile alla Cassin al Sasso Cavallo se non forse anche più impegnativa. Il tutto mentre ci giungono le musiche del Carnevale dalla vicinissima Lecco: pare strano vivere una simile avventura, essere isolati da tutto ma, appena si volge lo sguardo in basso, scorgere ben visibili i segni della città.