sabato 26 novembre
Lo zaino pesa una tonnellata: per issarlo sulle spalle ci vorrebbe un paranco. D’altro canto il piccolo zaino giallo è ricolmo di ferraglia: la serie completa di friend, quelli vecchi da abbandono (alcuni dei quali sono forse pronti per il museo degli orrori), dadi, moschettoni, rinvii ma, soprattutto martello e chiodi; una miriade di chiodi, una vagonata di chiodi. Potrei fonderli e costruirci un’automobile: ne ho comprati un’altra decina e sono determinato a piantarli in quella fessura. Oggi si esce!
Oramai ho memorizzato i passi cruciali dell’avvicinamento e pazientemente attendo di lasciarmeli alle spalle: prima la ripida traccia d’accesso al canale quindi il grosso boulder e il punto in cui la volta scorsa a momenti mi sfracellavo al suolo; poi raggiungiamo il bivio con la punta Giulia: la Mongolfiera ci attende paziente mentre le mie spalle urlano invocando pietà. Chiedo loro di resistere ancora qualche minuto e continuo il mio calvario fino all’attacco. Scarico immediatamente il fardello e subito poso gli occhi sulla nostra parete: il cordone è ancora al suo posto e più in alto è ben visibile la sosta da cui si era calato Fabio.
Lasciamo da parte la tradizione avendone già a sufficienza per la salita e optiamo per fare una volta per uno; quindi al sottoscritto spetta la mannaia dell’infido zoccolo e a Fabio la goduria della seconda lunghezza, il viaggio verso l’ignoto. [continua]