Urserental: Stotxigen Firsten (Uri)

domenica 21 gennaio

Non è che sprizzi di gioia e entusiasmo all’idea di andare col corso ma ho dato la mia parola e quindi mi tocca. Soprattutto mi tocca la levataccia perchè i caiani, si sa, se non si trovano ad orari disumani non sono per nulla contenti. È un po’ come facesse parte del loro DNA, come i pantaloni della Montura e il grappino di vetta. Quello che mi fa ancora più specie è che per lo Zapporthorn alla fine siamo partiti che erano quasi le 7:30 mentre oggi, alla stessa ora, siamo già in auto da un bel po’! Al parcheggio siamo come la macchia di olio: ci espandiamo da ogni parte occupando lo stesso spazio di un’orda barbarica e, più o meno, facendo la stessa confusione. Fin qui tutto nella norma quindi, quello che invece non torna è la temperatura con cui ci accoglie Realp. Di solito, da queste parti, è come essere dei surgelati infilati nel congelatore di casa; non si sa come coprirsi: piumino o pile con guscio nella speranza di non giocare poi a shanghai con le dita? Perchè poi, una volta partiti in modalità omino Michelin, finisce che sopraggiunge la caldazza e si fa il finlandese nella sauna. Così opto per fare lo spavaldo forse anche perchè il termometro dell’auto mi dice che fuori il congelatore non funziona. Faceva più freddo al Bärenhorn! Poi c’è la ricerca degli allievi, una specie di impresa da rabdomante con una serie di manichini colorati e imbacuccati che continua a mescolarsi come le palline della tombola e che sostanzialmente sembrano tutti ugualmente sconosciuti. Viene però fuori che per me non c’è nessuno e, mentre mi domando cosa diavolo ci faccia qui quando potrei essere a lodare il Caianesimo con la Laura da un’altra parte, mi accodo al Nik e ai suoi 3 allievi. Più o meno il percorso me lo ricordo, come mi ricordo la prima volta che sono stato qui o, almeno, ho ben in mente la fase iniziale e la sberla del gelo appena sceso dall’auto. Altri tempi: tempi in cui il freddo era freddo e il caiano si esaltava per quelle condizioni e per l’attrezzatura da museo. Io, almeno su quella, ho continuato a perseverare per un bel po’. L’altra cosa che ricordo abbastanza nitidamente è che, una volta superato il primo tratto di pendio, la gita diventa una noia mortale lungo un costone che prosegue all’infinito senza mai salire troppo. [continua]

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