Val Masino: sentiero Roma in invernale (Sondrio)
giovedì 27, domenica 30 dicembre
Il vento ulula e soffia gelido sferzandomi il volto. Un turbine di neve simile ad aghi mi colpisce con ferocia mentre il cappuccio della giacca sembra un cartonato. Eolo sbuffa. No: quello sono io sul tratto finale del canale verso il passo del Ferro o come diavolo si chiama. Mi volto e faccio il pollice verso a Caterpillar Thomas e Cavallo Pazzo Andre: “torniamo indietro!”. La tempesta picchia duro e gli sci sullo zaino sembrano la vela di un deltaplano. Dietro però pare la pensino diversamente: Cavallo Pazzo Andre corre infatti lungo gli ultimi metri e poi si tuffa a sinistra verso la sella entrando clandestinamente in Svizzera: “oltre la cresta saremo al riparo dal vento!”. Non ci credo minimamente e sono stanco e stufo di questa avventura. Sarebbe la terza volta che alzo bandiera bianca in questi 4 giorni ma oramai dovrei aver capito quanto l’amico sia caparbio. Caterpillar Thomas lo segue come fosse al Mezzalama, giù di corsa per il ghiacciaio della Bondasca fino ad uno sperone roccioso dove la furia dei due folli si arresta insieme alla violenza della tempesta. Non posso che trascinarmi verso il riparo guardando inorridito quello che dovrebbe essere il passo di Bondo, l’unico punto in cui sembra si possa ritornare sul suolo italico, in val Porcellizzo. Sono 4 giorni che ravaniamo e saranno almeno 15 anni e 4 tentativi andati a male che inseguo questo obiettivo, il sentiero Roma in inverno ma se non fosse per la determinazione di Cavallo Pazzo Andre e per la forza di Caterpillar Thomas, Cavallo Goloso Fraclimb sarebbe probabilmente a pascolare in qualche falesia.
Giovedì partiamo in 5, insieme a noi ci sono Gughi il Giovane e Gabri il Pacato Inconsapevole (non che gli altri avessero propriamente chiaro ciò a cui si sarebbe andato incontro). Riusciamo a lasciare una macchina dove era caduta la frana e poi, caricati gli zaini che sembrano i basti dei portatori da spedizione himalaiana anni ‘50, ci avviamo verso Predarossa. Sopra lo Scotti iniziano i cazzi amari e soprattutto una nuova disciplina, lo sci da legna. Già perchè la strada è totalmente ingombra di abeti, una montagna di aghifoglie che dobbiamo scalare per poter guadagnare quota. Poi finalmente arriviamo alla Ponti e ovviamente dobbiamo spalare per liberare l’ingresso del bivacco, una suite simile ad una stamberga decadente con un tavolo in stile arte moderna formato da un tavolaccio che balla la samba sopra una pila di mattoni e sei brande che pare abbiano subito l’assalto di altrettanti lottatori di Sumo. [continua]
Maggio 31, 2020 a 6:29 PM
Oggi Disgrazia canale Schenatti.
Ho rivisto la nostra avventura. Ho dovuto rileggere il tuo splendido resoconto.
GrazieFra