Eternium-Mexico e Nuvole
domenica 21 dicembre
Sono le 9. Siamo alla base della Taveggia e ci stiamo preparando per provare Eternium e Mexico. Nell’aria serpeggia un certo timore, soprattutto per il penultimo tiro di Mexico: una placca con un obbligato un po’ alto e che a volte decreta il fallimento delle cordate che la provano (queste almeno le informazioni in nostro possesso). Il piano di salita prevede la suddivisione delle due vie in tre parti: i primi tiri a Cece e poi gli ultimi spetteranno a me o a Luca. Vedremo.
Parte Cece e rapidamente completa il primo facile tiro della Taveggia. Da qui comincerà la solita solfa: scagazzamento prima della protezione, ciapa e tira, sosta. Cece si alza e raggiunge il primo spit e poi il secondo; supera il chiave della prima lunghezza (che avevamo già salito) e poi, con un breve e duro traverso, è in sosta. Nel frattempo anche un’altra cordata ha attaccato la nostra stessa via, mentre una sta salendo su Mary Poppins. Si susseguono ancora due lunghezze difficili e quindi arriviamo alla base dell’ultimo tiro di Eternium. La cordata dovrebbe passare nelle mie o nella mani di Luca ma, vista la migliore posizione di partenza e considerando che si tratta della lunghezza finale, lasciamo a Cece l’onere della conduzione. Mi sto abituando ad arrampicare da secondo e voglio godermi fino in fondo la corda che sale verso l’alto!
La cordata che aveva salito Mary Poppins (nella quale riconosciamo Matteo Della Bordella) è già all’inizio del secondo tiro di Mexico: se riusciamo a stare in scia, potremmo farci lanciare la corda in caso di necessità! L’idea non mi alletta più di tanto, ma piuttosto che calarci in doppia… Ma prima c’è da risolvere un altro problema: chi passa da primo? Cece ha già dato, io sono attratto dalla famosa placca e Luca non sembra granchè dell’idea di condurre la cordata. Quindi, mi lego anche l’altra corda e parto. Supero così il primo tiro: bisogna scaldare i motori da capo-cordata, quindi la progressione risulta un po’ rallentata, ma poi raggiungo la sosta senza troppe diffocoltà. Sul tiro seguente, mi sembra quasi di essere a Carate: superato un breve traverso in obliquo, mi aspetta il superamento di un tetto con passo un po’ atletico, ma non troppo difficile. Il tiro poi diventa più semplice, ma su roccia poco attraente. In sosta raggiungo il secondo della cordata che ci precede: bene, se saremo nella merda…
Recupero i miei compagni. Alla mia offerta di proseguire da primo, nessuno obbietta e così mi trovo alla base della placca. Moscetto il resinato, ci metto sopra il piede, breve passo in placca ed ecco la protezione successiva. Il passo seguente mi risulta ancora più facile da azzerare. Poi c’è una specie di saltino e quindi la fessura che conduce alla sosta. Alla fine (certamente grazie ai miei centimetri), questa temuta lunghezza non si rivela così ardua: è sicuramente molto più semplice del Pilastro! Segue il 6a più duro della mia vita e poi finalmente, con un facile tiro sono fuori dalla via e posso recuperare i miei amici. Ci troviamo quindi nuovamente riuniti, felici ma decisamente affaticati per la salita appena conclusa.
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