Pilastro del Basto(ge)ne
sabato 18 ottobre
Forse ci siamo molto avvicinati al rischio limite accettabile. Le informazioni in nostro possesso non lasciavano infatti supporre un tale impegno per portare a termine questa linea. E la mente corre inevitabilmente alla salita di domenica: il Pilastro si è mostrato un gradino superiore rispetto la Cassin. Ma andiamo con ordine.
Siamo alla base: davanti a noi si apre una stupenda fessura. Cece aveva fatto un tentativo alcune settimane prima, ma aveva desistito per la mancanza di un friend grosso. Dal canto mio, avevo raggiunto la base dopo la salita di Anca Sbilenca, senza però infilarmi nella fenditura. Questa volta siamo determinati, anche perchè disponiamo di un camalot n°4 e di un 5! Parto. Supero senza grosse difficoltà i primi cordoni, poi estraggo il n°5 oltrepassando così il massimo punto raggiunto da Cece. Segue poi un diedro-fessura un po’ più semplice, sempre ben proteggibile e con un chiodo traballante poco prima dell’uscita: riesco così a liquidare la pratica senza troppi patemi. La lunghezza successiva inizia con una placca lavorata per poi impennarsi in corrispondenza di una fessura. Cece raggiunge un paio di chiodi e poi prosegue verso sinistra incontrando difficoltà non banali. Probabilmente avremmo dovuto girare verso destra, dove le difficoltà sembravano più ridotte. Ma la roulette deve ancora iniziare.
Lascio la sosta per superare un passo delicato di placca. Proseguo alcuni metri su roccia più lavorata fino alla base di un tratto più verticale. Prendo un funghetto e poi un altro. Mi allungo, ma lo spit è ancora troppo lontano. Tra me e Cece ci sono circa una dozzina di metri senza alcuna protezione. Riesco quindi a bloccare un cordino intono al fungo che tengo tra le mani, ma la validità di questa protezione è quanto meno dubbia. Torno indietro alla base del tratto verticale, su una specie di cengetta. Ridiscendere è impensabile (o per lo meno molto difficile) e quindi l’unica è raggiungere quel maledetto spit. Costruisco il mio “never by fair means” e riguadagno il punto più alto. Niente. Riprovo svariate volte, ma mancano sempre alcuni centimetri. Allora Cece mi da un’dea: prova con il friend 5! Ridiscendo. Blocco il cava-nut nel friend ottenendo così il “never by fair means evolution” (dovrebbero darmi la laurea in ingegneria onoris-causa!). Con questo strumento, che tengo all’altezza delle camme, guadagno gli indispensabili centimetri che mi fanno raggiungere la prima protezione. Un lunghissimo volo è scongiurato! Riprendo così la salita azzerando facilmente i tre spit. Mi trovo quindi all’inizio di un traverso sprotetto e non proteggibile di diversi metri. Subito all’inizio incontro un ristabilimento non banale. Raggiungo la metà e mi trovo nuovamente in difficoltà. Dopo un tentativo, capisco come superare il passo dal quale, più facilmente, raggiungo la sosta. Cece supera indenne il traverso grazie ad una specie di fissa, evitando così un lunghissimo pendolo.
Tocca a lui superare la lunghezza successiva, mentre le lancette dell’orologio sono corse implacabilmente in avanti. Supera i primi spit fino a raggiungere una zona concava dove è necessario splamare. La protezione successiva è a circa 3/4m e in mezzo ci sono un paio di funghetti e una fessurina che sembra perfetta per un nut. Cece prova lo spalmo, ma non se la sente di proseguire e quindi si fa calare. Provo io: dopo la fatica del tiro precedente, non ho intenzione di tornare sul Pilastro, quindi o passiamo ora o non torneremo più (almeno nell’immediato futuro). Con la corda già posizionata, raggiungo rapidamente l’ultimo rinvio. Spalmo, raggiungo il primo funghetto ma poi mi blocco. Torno allo spit e riprovo. Raggiungo il funghetto e quindi un’altra concrezione. Alzo un po’ i piedi e così riesco ad agguantare l’ottimo fungo successivo attorno al quale blocco un cordino. Poi incastro un dado nella fessurina e raggiungo la spit. Sono su un tratto verticale che poi spiana verso l’alto e non ho la minima idea di come saltare fuori. Provo staffando. Raggiungo un buchetto con la sinistra e uno svaso con la destra, ma nulla di accettabile. Dovrei cerca di alzare un piede sullo spit e così dovrei raggiungere una presa più decente (almeno così spero). Ma ho esaurito la mia dose di adrenalina e quindi desisto. Torno così alla sosta, per cedere le corde a Cece. Rapidamente, raggiunge l’ultimo spit. Anche lui prova a staffare, ma non riesce ad uscire dal passo. Infila però un dado nella fessurina immediatamente a destra. Staffa quindi sulla protezione mobile, ma comunque non riesce nell’intento. Riprova ancora diverse volte senza però guadagnare la presa buona e allora mi ricede l’onere della conduzione. Mi ritrovo così al punto di prima, ma questa volta con un dado incastrato. Provo a metterne un altro poco sopra, ma appena lo carico si stacca. Praticamente non cado perchè la distanza tra le protezioni è centimetrica. Allora posiziono il nut messo da Cece nel buco subito sopra, quadagnando così pochi centimetri. Mi alzo sulla staffa. Poi, il più delicatamente possibile, alzo il piede sinistro sullo spit. Lo carico e libero la staffa dal mio peso. In questo modo riesco a guadagnare la presa “buona” e quindi salgo sulla cengetta sopra il muro. Il passo è fatto e, sorpesa, trovo un chiodo. Mi assicuro, ma il chiodo lascia un po’ a desiderare in quanto affidabilità. Poco male, poco sopra ne scorgo un altro. Mi alzo e lo raggiungo. Sono caduto dalla padella nella brace! Finchè tiro il chiodo verso il basso, questo non si muove; ma appena provo a estrarlo orizzontalmente, questo dondola in modo inquietante. Se la protezione precedente è dubbia, questa è ancora peggio! E lo spit in basso è estremamente lontano. Torno al chiodo precedente e subito sotto riesco ad infilare un C3 (anch’esso poco affidabile…). Torno al chiodo dondolante e, allungandomi, riesco a incastrare un dado in una fessurina: anche questa protezione lascia molto a desiderare. Il più delicatamente possibile mi alzo; raggiungo così la parte sommitale di questo saltino e ne esco indenne, lasciando dietro di me 4 dubbie protezioni in poco più di due metri di progressione. Dopo un’ora circa di lotta, raggiungo così la sosta.
Cece riparte con una fessura facilmente proteggibile a friend. Poi sparisce dalla mia vista. Le corde filano rapidamente e quindi ad un tratto si arrestano. Passano alcuni minuti e poi, lentamente, riprendono a scorrere. Il tempo sembra non trascorrere ma poi, finalmente, Cece urla: molla tutto! Parto: supero la fessura e mi trovo su una specie di ripiano: davanti a me un diedro sprotetto. “Cece sei matto!” è il mio primo pensiero; poi però mi accorgo di un’ottima fessura per le mani e così raggiungo il chiodo. Da qui un traverso verso destra mi porta allo spit. Cece è subito sopra e mi conforta dicendomi che qui ha rischiato di volare! Ho di fronte una specie di diedro convesso senza alcun visibile appiglio. Siccome comincio ad averne abbastanza e il passo mi sembra estremamente impegnativo, mi tiro su con le corde e raggiungo la sosta. Tocca nuovamente a me: traverso verso sinistra aiutandomi con un paio di spit e finisco in un diedro. Mi alzo raggiungendo due chiodi estremamente vicini. Il successivo è lontano, ma fortunatamente una spaccatura sulla destra mi permette di incastrare un dado. Staffo sulla protezione mobile e, allungandomi il più possibile, acchiappo il chiodo successivo. Anche in questo caso, riesco a raggiungere l’obiettivo, solo dopo alcuni tentativi e sfruttando al massimo la mia altezza. Proseguo quindi tirando un paio di chiodi e poi due spit. Quello successivo è proprio in cima al muro, dove inizia una facile placca, ma non riesco a raggiungerlo. Staffo, ma mi mancano ancora diversi centimetri. Accorcio la staffa. Poi butto il piede sinistro su una paretina che forma una specie di diedrino, ma sono ancora troppo basso. Riprovo ancora. Questa volta, dopo aver posizionato il sinistro in opposizione, abbandono la staffa, appoggiando il piede destro su una tacca. Alzo nuovamente il sinistro su un provvidenziale chiodo e, con uno strano incrocio, raggiungo la protezione successiva. Da qui, facilmente, sono in sosta e posso così recuperare Cece.
Guardo l’ora: sono passate 6h e 10′ per superare queste sei lunghezze! E dopo altri 20′ circa completiamo le semplici lunghezze finali, portandoci sulla linea dell’Albero delle Pere.
Abbiamo utilizzato una serie di friend fino al 5, raddoppiando il 3 e l’1, C3 (n°0-1-2) e quindi alcuni dadi piccoli. Sarebbero tornati estremamente utili alcuni chiodi (anche a lama). Probabilmente è possibile posizionarne uno al terzo tiro, prima di raggiungere il primo spit e poi all’uscita del IV al posto di quelli in loco. Non so se potrebbero tornare utili anche un rurp o un bird-beak, ma probabilmente se li avessimo avuti, li avremmo utilizzati!
novembre 11, 2008 a 2:11 PM
minchia sei fuori! comunque il racconto è troppo esilarante!
novembre 24, 2008 a 6:15 PM
[…] Questi 12 mesi mi hanno visto impegnato in diverse salite alcune più tranquille, altre decisamente più impegnative. Tra le uscite di sci alpinismo vorrei ricordare la ventosa cima di Barna e il Lagrev, più che altro perchè ha decretato l’inizio dell’agonia della mia macchina fotografica che si è poi conclusa con la sua morte! L’inverno è poi trascorso senza presentare salite di particolare rilievo escludendo il tentativo a Milano ‘68 e Luna Nascente (che però avevo già salito). Insomma, i primi mesi sono passati un po’ in sordina, ma poi è arrivato un bel botto: la sfacchinata su e giù per le colme! E poi, finalmente, una bella salita su roccia: Self Control. Per lungo tempo questa salita ha rappresentato la punta di diamante del blog. Poi c’è stata la salita della Dufour, ma ero con due big e quindi mi trovavo in una botta di ferro: per una volta non ero io a dovermi tirare fuori dai casini! Il week end successivo è stata la volta della Cassin al Sigaro: salita impegnativa, ma mi rendevo anche conto che non potevo andare molto più in là. Questo senza nulla togliere ai miei compagni di salite fino a quel momento, ma io avevo anche altri obiettivi. Poi finalemte è entrato in gioco il “fattore Cece” e la mia attività ha preso una svolta decisiva. Come prima salita (non ci eravamo mai visti prima, eccetto una fugace presentazione in università) scegliamo una via “tranquilla”: la Taldo Nusdeo al Picco Luigi Amedeo! La salita è andata come è andata, ma ho guadagnato un valido compagno di salite e, soprattutto, un amico. Già la domenica siamo impegnati sulla Marinella, l’ultima salita fatta con Lorenzo; poi c’è stata “l’impresa” del Manduino con partenza da Como in bici. Quindi il tentativo a 10 Piani, più che altro per cause di forza maggiore… Quando oramai temevo che la stagione al Sasso Cavallo fosse finita, siamo riusciti a concludere la Cassin. L’apice dell’anno? Forse lo è stato per una settimana, perchè poi è arrivato il Pilastro del Bastogene… […]
dicembre 29, 2008 a 10:45 am
[…] questa temuta lunghezza non si rivela così ardua: è sicuramente molto più semplice del Pilastro! Segue il 6a più duro della mia vita e poi finalmente, con un facile tiro sono fuori dalla via e […]