Cresta Segantini

domenica 24 febbraio

Capitolo 1

27 ottobre 2002. Come prima esperienza in montagna decidiamo di salire la cresta Segantini; siamo 5 neofiti e quindi procediamo rigorosamente a tiri, divisi in due cordate; dopo 6:30 ore riusciamo a vincere l’estrema lotta con la cresta (direi che siamo tornati ai tempi de “la lotta con l’alpe“, altro che “nuovo mattino, plaisir” e balle varie!). A dire il vero io e Lorenzo, davanti alla scritta “difficile” dell’ultimo salto, decidiamo di uscire da questa trappola per la traccia che porta alla cresta Cermenati; denominatore comune della salita: le continue rassicurazioni di uno dei componenti (unico ad aver percorso la cresta durante il corso base d’alpinismo) sul fatto che “fossimo quasi arrivati”. Almeno, in vetta, possiamo godere di uno splendido tramonto sopra un mare di nubi che copre la pianura.

Capitolo 2

11 Febbraio 2007: ancora cresta Segantini; questa volta, però, in invernale (dal punto di vista del calendario, perchè le condizioni…), con Claudio e con un bagaglio d’esperienze un “pochino” più pesante della prima volta. Saliamo in conserva quasi per tutta la salita, eccetto i tratti più impegnativi, compresa la lingua dove, finalmente, ci ricordiamo di essere nella stagione fredda. Parte Claudio con i ramponi per superare un breve tratto ghiacciato e quindi allestisce una sosta; salgo da secondo, ma senza ramponi perchè nel tiro seguente (che dovrò chiudere da primo) la roccia è sporca di neve, ma completamente priva di ghiaccio. Praticamente, il tratto invernale è limitato a queste due lunghezze e quindi la salita, anche se di soddisfazione, lascia un poì di amaro in bocca. Impieghiamo 5 ore per la sola cresta.

Capitolo 3

Per la terza volta mi trovo ai Resinelli con l’obiettivo della cresta Segantini; compagni di salita sono Luca e Jackass. Siamo un po’ tirati con i tempi, perchè Luca deve essere a casa entro le 15:00 (ah, le donne!). La sera prima avevo fatto due conti: 1:30h per arrivare all’attacco, 4h per la cresta e 1:30h per la discesa, totale 7h, sperando di trovare buone condizioni, perchè se la Segantini dovesse essere particolarmente impestata… Il ritrovo è quindi fissato per le 6:30 a Ballabio, solo che la sveglia di Luca non suona (o meglio, squilla quando stiamo già salendo ai Resinelli), così ritardiamo di un buon quarto d’ora.

Lasciamo la macchina alle 7:30 e prendiamo il sentiero della Direttissima; i caratteristici passi del percorso si susseguono: le scale di ferro, il bivio per il Fungo, il canale dell’Angelina. E, finalmente, il Colle Valsecchi con l’attacco della cresta Segantini. Guardo l’ora: abbiamo recuperato il tempo perso, bene! Ci imbraghiamo e appendiamo i vari pendagli al porta materiale: qualche chiodo da ghiaccio e un paio di quelli da roccia, qualche friend, la picca nel porta martello (l’altra viaggerà comodamente nello zaino per tutta la giornata) e quindi si parte. Salgo lo stretto camino che conduce al passo più duro della salita: uno strapiombino gradato III+ (alla faccia del terzo più!); con un po’ d’esitazione supero il passo trovandomi sul torrioncino. I miei compagni d’avventura scelgono di legarsi e così, superato l’infido passaggio, proseguiranno in conserva per tutta la salita. Dal mio canto, preferisco proseguire libero dal cordone ombelicale, ma comunque con la possibilità di legarmi, dovesse capitarne l’occassione. Continuiamo con sali e scendi da torri, torrette e pinnacoli: sui versanti ombrosi troviamo rimasugli nevosi, mentre quelli meridionali, più solatii, sono ben puliti.

Raggiungiamo il traverso esposto a nord che conduce alla lingua: la traccia è pedonata e la neve, per nulla gelata, non richiede l’uso dei ramponi, che così rimangono al caldo dello zaino. Come un pistolero del Far West estraggo la picca sonnecchiante dal suo “fodero”: l’attrezzo subisce un brusco risveglio affondando fino al collo nella bianca coltre. Fin’ora aveva dondolato dall’imbrago, è giunto il momento che si guadagni la giornata; il resto dell’attrezzatura, invece, continuerà nel gradito ruolo di cliente trasportato dal sottoscritto. Con una breve ma delicata discesa, posiamo i piedi sulla lingua (il tratto che più temevo per le possibili condizioni infide): una lunga pedonata come una bianca scala sale verso l’alto. Ben presto siamo in cima alla colata, tornando così al sole, anche se, viste le temperature decisamente non invernali, l’ombra non era poi così sgradita. Ultima ridiscesa e quindi ci troviamo di fronte alla scritta sbiadita “difficile” (comunque, decisamente meno del passo di III+!); superiamo l’ultimo tratto e siamo fuori dalla cresta, dopo una piacevole cavalcata, che mai ci ha creato problemi o proposto serie difficoltà. Saliamo così a cospetto dell’igloo metallico che sovrasta la cima della grignetta: non è ancora mezzogiorno e quindi c’è tutto il tempo per riporre la zavorra e il cordone ombelicale (al quale non mi sono mai collegato) nello zaino, e un paio di barrette in fondo allo stomaco.

Cominciamo la discesa, lungo la quale cerco disperatamente un luogo dove… lasciare traccia del mio passaggio. Finalmente, lungo il canalone Caimi, scorgo un anfratto e così posso marcare il territorio. Scivolando sulla neve e poi tra ghiaioni dolomitici (gli scarponi ringraziano) raggiungiamo velocemente la macchina: sono solo le 13:30 e sono passate 6 ore dalla nostra partenza. Luca sarà a casa in tempo, mentre io e Jackass ci spostiamo a Galbiate per fare due tiri.

Sarà per un po’ di stanchezza o forse perchè avevo appena chiuso a vista un 6b di 30 metri, fatto stà che salendo su incognita (che avevo scalato in occasione di un’altra visita) cado stupidamente all’inizio del muro, semplicemente perchè perdo l’equilibrio! Senza perdermi d’animo, riparto subito raggiungendo la sosta, dove rischio un’altra caduta. Il risultato è il concatenamento di due tiri di 6b, lunghi entrambi 25/30metri, ai quali ne vanno aggiunti altri due più facili, direi che per oggi ho dato!

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