Pontresina
domenica 3 febbraio
Le alternative per questa giornata comprendevano tutte (o quasi) le possibilità offerte dalla montagna (scialpinismo, salita invernale della Segantini, falesia e cascate). Escluse le prime due (rispettivamente per mancanza di voglia e per il tempo), non rimanevano che le ultime. La decisione non poteva quindi che ricadere sul ghiaccio, portando così a quota 3 le mie personali uscite nei frigoriferi (le prime 2 risalgono allo scorso inverno)!
Da perfetto neofita quindi mi aggrego al folto gruppo (circa una dozzina di ice-climber) che si reca a Pontresina (Engadina, CH), nel canyon scavato dal torrente, praticamente in centro città (l’avvicinamento a Scarenna in compenso è un trekking Himalaiano!). Lasciata l’auto in un caldo posteggio coperto, attraversiamo la strada e dopo pochi metri siamo sulla verticale delle cascate; una doppia di 30m ci deposita alla base delle colate (si può anche scendere da una traccia battuta, previa calzatura dei ramponi), in compagnia di un’altra dozzina di sfegatati di picche e ramponi. E’ possibile arrampicare top-rope (come abbiamo per lo più fatto) sfruttando le soste a spit attrezzate per le calate o alcuni alberi. In questo caso può tornare utile una corda da 70m, evitando così di giuntarne due.
L’inizio non è stato dei più allettanti: con la corda rigorosamente dall’alto inizio su una cascata valutabile intorno al 2, per poi passare a due tracciati sul 3/3+. Decisamente non mi trovo granchè a mio agio: la fiducia nell’attrezzatura è quantomeno scarsa e quindi la progressione ne risulta compromessa. L’idea di salire da primo (anche con i chiodi già infissi) non mi sfiora minimamente: mi accontento di salire guardando la mia bella corda tesa che sale verso l’alto!
Poi mi sposto verso una candela alta circa 30m, valutata sul 5/5+ e da cui penzola la corda usata per la discesa in doppia. L’idea è quella di raggiungere il chiodo posto poco prima della metà a conclusione di un tratto più appoggiato. Ci si sposta poi leggermente a destra, seguendo la corda, su un tratto verticale a cui segue il superamento di un “tetto” (una colata staccata) e quindi un’altro pezzo sui 90° per poi giungere in sosta. Per l’occasione chiedo in prestito un paio di picche più tecniche di quelle che utilizzo e senza dragona: il risultato? Raggiungo il chiodo, lo supero e sono sotto il tetto. Alzo le picche, sfrutto la colata a sinistra con i ramponi e quindi supero il passaggio. Ghisato più che mai scalo l’ultimo tratto e raggiungo la catena. A stento sopprimo un urlo di gioia. Si, l’ho salita da secondo e con un resting, ho le braccia a pezzi, ma sono in catena!
Poco dopo mi ricimento sulla stessa cascata, con un altro modello di picche. Anche in questo caso posso testare un prodotto migliore del mio che avendo il manico diritto (se si esclude l’impugnatura) ostacola la penetrazione della becca nel ghiaccio. Il fatto poi di salire senza dragona, permette un movimento più libero e la possibilità di sghisare (fattore da non sottovalutare!)
dicembre 29, 2008 a 10:36 am
[…] molti problemi adatti ai principianti. Per onore di cronaca, ci siamo fermati a dare un occhio al canyon di Pontresina, ma non è ancora possibile scalare: il ghiaccio arriva circa a metà della parete. .gallery { […]